Gennaro D’Auria, Edoardo Di Natale, Gianluca Improta, Eduardo Martucci, Manlio Carli, Ciro Pone, Giuseppe Ruocco, Lorenzo Labate, Giuseppe Porcaro, Maria Rosaria Aiello e Mario Migliuolo. Questi sono i nomi degli undici indagati della maxi inchiesta sull’Asl Napoli 5 che la Procura della Repubblica di Torre Annunziata sta portando avanti da 3 anni. Due di questi, D’Auria e Porcaro, sono finiti anche agli arresti domiciliari, su richiesta del Procuratore Diego Marmo, nell’ambito delle indagini condotte dal sostituto procuratore Raffaele Marino. “Due centri di potere” che si fronteggiavano per la spartizione delle ingenti somme di denaro pubblico destinate alla sanità locale. Da una parte l’avvocato Ruocco cercava di ottenere il pagamento “dovuto, ma maggiorato” delle spettanze, portando alla mancata gestione economica dell’Asl; dall’altro lato, D’Auria aveva assunto persone di fiducia in ruoli cardine, in modo da portare “minacce” mirate ai creditori che chiedevano i pagamenti dovuti ma non ancora corrisposti. Insomma, un giro di denaro che costava all’Asl Napoli 5 circa 700 mila euro al mese. L’altra colpa di D’Auria, secondo quanto stabilito dalle indagini, sta nell’essersi affidato, volutamente, a due avvocati esterni che, però, in cambio di cifre onerose avevano fatto perdere all’azienda sanitaria da lui gestita il 95% delle cause di risarcimento. Insomma, per la Procura torrese, Gennaro D’Auria aveva affidato 22 mila provvedimenti nelle mani di Improta e Di Natale per “prestazioni legali di scarsa qualità”. Abuso d’ufficio, falso, peculato, concussione, violenza privata aggravata dalla qualifica di pubblico ufficiale perpetrata ai danni di farmacisti e titolari di centri provvisoriamente accreditati, mentre per Porcaro esiste anche un fascicolo a parte che parla di tentata truffa ai danni della titolare di uno studio dentistico. Un’inchiesta immensa che investirebbe tutti i settori della sanità dell’area stabiese-torrese, senza alcuna distinzione. La continua richiesta di rimborsi, per altro sempre andata a buon fine, bloccava di fatto la gestione dell’Asl e dei fondi ad essa destinati dalla Regione. E per la Procura esisteva un vero e proprio “sistema” nel quale erano entrati tutti, anche gli avvocati, e in primis D’Auria e Procaro. Proprio Porcaro, poi, è stato denunciato da una dottoressa sorrentina che aveva intenzione di aprire uno studio dentistico: il funzionario dell’Asl, a quel punto, chiese una somma di denaro, “un caffè” da 2-4 mila euro, cifra da quantificare durante un incontro dal vivo. Inoltre, minacce e richieste del genere erano riservate a tutti, ma proprio a tutti, i creditori che sceglievano di affidarsi all’avvocato Ruocco, o ad un altro legale, per richiedere il pagamento delle prestazioni dovute ma arretrate. Lo stesso D’Auria, con l’aiuto di alcuni funzionari scelti ad hoc, minacciava gli operatori sanitari privati per spingerli a rinunciare alle azioni legali. Nel caso in cui ciò non avvenisse, subito scattavano controlli accurati ed estremamente meticolosi da parte degli ispettori inviati direttamente dalla Regione e diretti da Labate, uno degli indagati. Così, farmacie e centri erano spesso costretti a chiudere per qualche giorno finché non arrivava la rinuncia scritta all’azione legale. Altra minaccia consisteva nella mancata erogazione dei fondi nel caso in cui, in futuro, ce ne fosse stata richiesta. Un sistema, due centri di potere e 700 mila euro al mese bruciati per la cattiva gestione: ecco cos’era l’ex Asl Napoli 5.
Il tecnico delle vespe vicino alle vittime della Tragedia del Faito. «Sono cose che ti segnano dentro. Contro i blucerchiati serviranno voglia di giocare a calcio e ritmo. Adorante? Qualche piccolo acciacco, vedremo se rischiarlo.»