Cirio, Avis, Colonia dei Ferrovieri, Caserma Cristallina. Sono solo alcune delle aree dismesse che punteggiano il tessuto urbano, veri e propri simboli del tempo fermo e della rinuncia alla rigenerazione. Luoghi un tempo operosi o vitali, oggi ridotti a involucri vuoti, inghiottiti da incuria e degrado, che smentiscono ogni ambizione di rinascita turistica o attrattiva.
In una città che si candida a diventare meta di flussi culturali, ricettivi e imprenditoriali, la presenza di questi spazi abbandonati appare come un paradosso. Anziché rappresentare risorse per nuovi usi, continuano a essere elementi di abbandono visibile, interruzioni fisiche e simboliche del paesaggio urbano. Le aree dismesse raccontano storie di promesse mancate, di progetti annunciati e mai partiti, di complesse proprietà e iter amministrativi che si arenano nell’impasse burocratica, ma anche di scontri giudiziari importanti, fallimenti e aste.
In molti casi, si tratta di immobili di grande valore storico, architettonico o logistico. Posizionati in punti strategici della città, potrebbero diventare spazi pubblici, poli culturali, aree residenziali sostenibili o hub per nuove economie. Eppure, nonostante la crescente attenzione verso la rigenerazione urbana, restano cristallizzati in una condizione di abbandono che stride con qualsiasi piano di sviluppo territoriale.
La mancata riconversione di queste aree non è solo un problema estetico. Ha conseguenze dirette sulla qualità della vita, sulla sicurezza, sul valore immobiliare e sull’identità collettiva. Ogni fabbricato murato, ogni cantiere mai aperto, ogni giardino lasciato al degrado, diventa un segnale di arretramento sociale e urbano. In questo contesto, anche i progetti più ambiziosi rischiano di perdere forza e credibilità.
Nelle ultime settimane, a tornare sotto i riflettori mediatici l’ex stabilimento Avis. L'area, zona industriale dismessa della città, è stata oggetto negli anni di numerosi tentativi di riconversione, tutti rimasti irrealizzati. Tuttavia, recentemente ha preso corpo una nuova ipotesi che prevede la creazione di un interporto, con la realizzazione di capannoni destinati ad attività produttive e logistiche. Il progetto prevede la suddivisione dell'area in più lotti, con la realizzazione di oltre venti opifici, di dimensioni variabili tra i 600 e i 1.500 metri quadrati. Inoltre, una parte significativa dell’area verrebbe destinata a spazi pubblici, con la creazione di parcheggi e zone verdi, tra cui una pista per la corsa lunga 500 metri.
L’obiettivo di costruire una città turistica, dinamica e moderna passa inevitabilmente attraverso il recupero di queste aree. Non si può raccontare una nuova narrazione urbana senza risanare le pagine più sofferenti del paesaggio cittadino. Restituire vita a questi spazi significa riscrivere il destino di interi quartieri, innestare nuova economia e generare appartenenza.
Senza un intervento deciso, trasparente e lungimirante, le aree dismesse resteranno quello che sono oggi: monumenti al fallimento delle politiche di rigenerazione, ostacoli alla crescita, emblemi di una città in sospeso.
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