Due amici che condividevano tutto, anche la morte. E' stato così che due ventenni di Gragnano hanno perso la vita in due modi diversi, ma legati tra loro. Quella di Errico è una storia triste, che racconta di un giovane che sogna di diventare un campione di calcio e di vestire, un giorno, la maglia del Napoli, la maglia dei campioni cha ha sempre ammirato. Gioca a calcio, e lo fa anche bene, con la maglia degli allievi della Juve Stabia. E' il perno principale della formazione degli allievi delle vespe che nella stagione 2003/04 vince il campionato, battendo in finale a Sorrento la Sanità. Una gara a cui Errico non Errico Vollaro non riuscì a partecipare. Proprio in quell'anno, infatti, scopri di avere un problema al cuore e di dover rinunciare al suo sogno. Iniziò così per lui una vita attenta, di limitazioni, che sono difficili da imporre ad un giovane ventenne. Ma quando meno te lo aspetti, il destino ti riserva quello che non vorresti mai vivere. Sabato notte, di ritorno da Positano, dove aveva trascorso la serata con la fidanzata, Errico avverte un malore. Fitte all'addome e poi un dolore al braccio. Si ferma su una piazzola di emergenza della statale che da Positano conduce a Meta. La fidanzata immediatamente avverte i soccorsi che giungono subito. I medici del 118 gli somministrano le prime cure, capendo subito che Errico era stato colto da un problema cardiaco. La corsa verso l'ospedale di Sorrento è disperata quanto vana. Il 24enne giunge ormai privo di vita al nosocomio sorrentino. Ma la tragedia non finisce qui. Ha, purtroppo, un prosieguo. Un suo amico, Ciro, 26enne di Gragnano, appresa la notizia della morte di Errico, non ce la fa, non resiste al dolore, e si suicida. Una tragedia nella tragedia. Un racconto da film. Cose quasi inimmaginabili in una vita quotidiana. E così, ieri, a distanza di poche ore, si sono svolti i funerali dei due amici.
Di Bari: «Attendiamo fiduciosi la verità». Il sindaco Vicinanza: «Un pezzo della nostra identità è stato lacerato con violenza». Ruotolo: «Il primo pensiero va alla famiglia Parlato. La città è parte lesa.»