Ma ora tra programmi, polemiche e delusioni anche la funivia è ferma!
tempo di lettura: 5 minMonte Faito, lo sanno tutti, è, fin dall'antichità, tra le più note località della catena dei Monti Lattari. Ha conosciuto momenti di splendore seguiti poi, specie negli ultimi decenni, da un sistematico, forse doloso, abbandono specie da parte di enti preposti allo sviluppo e valorizzazione del verde, del turismo alpestre, quindi ambientale, paesaggistico, della flora e della fauna.
La storia di tale montagna, sulla quale sorge il santuario dedicato all'Arcangelo Michele (più volte ricostruito e il luoghi diversi a partire dal secolo decimo circa, officiato, secondo la consolidata tradizione, dai santi Catello e Antonino), è lunga e segnata da episodi anche sanguinosi. Alle falde dei Monti Lattari (Mons Lactarius), così indicato per l'abbondanza di pascoli e vegetazione, e quindi produzione di latte e carne, ebbe luogo, nel 552, la battaglia tra bizantini e Ostrogoti, rispettivamente comandati da Narsete e Teia (morì), che segnò la vittoria dell'Impero romano d'Oriente: lo scontro finale ebbe luogo poco oltre Castellammare di Stabia ed ha lasciato il nome alla località "Pozzo dei Goti).
Secoli dopo, siamo intorno a metà del 1946, un gruppo di volenterosi, auspice il ragionier Amilcare Sciarretta, si riunì per promuovere la ricostruzione del nuovo Santuario sul Faito.
Va detto, intanto, che l'Amministrazione della Circumvesuviana, dopo aver acquistato dal principe Colonna l'intero altipiano di Faito, già appartenuto al conte Girolamo Giusso, iniziava i lavori per la valorizzazione turistica della zona un po' pomposamente definita la "Piccola Svizzera", procedendo, intanto a raccordi ferroviari. L'opera della Circumvesuviana nel campo turistico fu preceduta, anni addietro, grazie alle leggi del 9 maggio1912, 23 giugno 1927 e successive.
Precedenti tentativi di ricostruire un nuovo tempio, risalgono al 1837 ma il vescovo diocesano del tempo, monsignor Scanzano non riuscì a superare i numerosi ostacoli. L'iniziativa ripresa più tardi da monsignor Ragosta, da monsignor Emanuel e poi, con maggiore fortuna, da monsignor D'Arco. Siamo così agli anni Cinquanta, Anno fausto per Monte Faito. C'è rinnovato fermento, entusiasmo, tutti vogliono fare qualcosa per la "loro" Montagna. Giunge sulla vetta anche il presidente del Consiglio dei Ministri, l'on. Alcide De Gasperi, l'uomo che trascinò il nostro Paese fuori dalle macerie della guerra (in omaggio al grande Statista e a ricordo dell'avvenimento, pubblichiamo, per la prima volta, una foto di De Gasperi insieme con il suo seguito).
Intanto l'Associazione "Amici del Faito" si riuniva nel Grande Albergo Monte Faito: ne facevano parte uomini di grande impegno e determinazione: Ermelindo Matarazzo di Licosa, Enzo Bevilacqua,, Ivo Vanzi, Salvatore Di Prisco, Pasquale Cascone, Antonio De Meo, il promotore, con l'incarico di tesoriere, Amilcare Sciarretta.
Nel programma dell'Associazione, che porta la data del 13 giugno 1954 si indicava una serie di iniziative da intraprendere come la sede dell'associazione stessa, la caserma dei carabinieri, gli uffici del centro sportivo e il centro stesso, un presidio sanitario affidato all'attivissimo e solerte dottor Bartolo Quartuccio, che poi diventerà negli anni di prosperità direttore sanitario delle terme stabiane, e, ancora, un posto telefonico, un ufficio postale, un servizio di nettezza urbana, incremento della rete stradale, con relativo impianto di illuminazione, un parcheggio e una scuola elementare, un centro parrocchiale, un Camping, promozione della stazione televisiva e, particolarmente, offrire consulenza e proposte per il servizio della funivia.
Nel contempo per iniziativa di privati e di enti pubblici si costruivano case, villette, ristoranti, alberghi, per un totale di oltre 350 immobili. Cioè un vero e proprio villaggio montano.
Ora di tutto ciò, di tanti buoni propositi, non rimane molto: per fortuna è assicurata una discreta ospitalità.
La Funivia è ferma (Buone speranze provengono dalle ultime riunioni dei responsabili della Regione, Provincia e Comuni interessati). La strada che parte da Castellammare per raggiungere il Faito è inagibile, rimane, con qualche disagio, il percorso da Moiano.
Noi siamo convinti che in un mondo moderno, che riguadagna alla comunità i valori individuali, non si può pretendere di vivere secondo schemi storici ormai superati. Certamente bisogna rivedere un po' tutto. Per esempio le attrezzature alberghiere impostate su una richiesta di clientela selezionata non si addicono al nuovo corso che si sta programmando per Monte Faito. E' consequenziale, naturale, che i pochi lascino il posto ai più. Si dovrebbe anche impostare una politica diversa per favorire lo sviluppo della zona. Ed è importante tener presente che il problema di Monte Faito si inserisce in un contesto di valorizzazione di tutta la penisola sorrentina che sarebbe troppo impegnativo affrontare qui. Tuttavia si vogliono segnalare all'attenzione del pubblico quanti si stanno adoperando per il rilancio turistico di questo centro montano che, se opportunamente programmato, potrebbe offrire tante aperture anche a quella fetta cosiddetta Turismo religioso che ha fatto già la fortuna di tante località contribuendo al benessere sociale ed economico della collettività.
Intanto andrebbero incoraggiati quelli che rimangono sul Faito a custodire le ville durante l'inverno, con spirito di sacrificio. Se Faito vuole prepararsi per incrementare il suo turismo e se la bellezza di questa montagna vuole essere posta a godimento di sempre più larghe schiere di persone appassionate del verde, il risultato sarà un beneficio che avrà riflessi del tutto positivi sulla società in cerca di aria meno inquinata, di luoghi più riposanti per distendere i nervi messi a dura prova dal ritmo della vita di città. A Monte Faito ci si rinfranca nel corpo e si riprendono in considerazione i valori più alti del nostro essere.
Ma per un nuovo rilancio della celebre località occorrono, non chiacchiere, ma ferrea buona volontà, soprattutto da parte delle autorità e delle associazioni che hanno particolari specificità; occorre incutere coraggio in chi può fare qualcosa, occorre infondere speranza in tanti che possono certamente - fin da ora - promuovere un controllo del territorio e cancellare tanti tristi episodi che certamente non giovano ad un programma di concreto rilancio. Per questo, le forze dell'ordine, cui spetta la sicurezza pubblica, devono intensificare i controlli costringendo gente di malaffare che purtroppo infesta varie aree della montagna, gettando fango e discredito sulle città confinanti che hanno valori da difendere ad abbandonare quei luoghi che dovranno ritornare alle antiche, genuine godibilità.