Sono nove le razze animali a rischio estinzione tutelate in Campania, in base ai dati più recenti dei Piani di Sviluppo Rurale. E’ quanto rivela la Coldiretti regionale, anche alla luce dell’ultimo allarme lanciato dalla Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) sul fatto che il 17% delle razze presenti nel mondo è in pericolo. Alcune, presenti in provincia di Napoli, sono tanto famose da non far pensare all’esigua situazione numerica in cui realmente si trovano. E’ il caso, ad esempio, della mucca agerolese, tipica dei monti Lattari e della penisola sorrentina. I suoi 500 esemplari rimasti producono latte pregiato e caratterizzano il provolone del monaco Dop, una delle principali espressioni del valore identitario di questo territorio. La mucca agerolese è stata così inserita al centro del progetto regionale “razze autoctone a rischio di estinzione”, realizzato dall’Università Federico II insieme all’istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno. Un piano di tutela e salvaguardia delle biodiversità di razze, con l’obiettivo di evitare la perdita di patrimoni genetici praticamente irripetibili. “Ma un’azione di recupero importante si deve anche ai nuovi sbocchi commerciali – afferma Giosuè De Simone, presidente di Coldiretti di Vico Equense e del consorzio di tutela del provolone del monaco dop - creati dai mercati degli agricoltori e dalle fattorie di Campagna Amica, che hanno offerto opportunità economiche agli allevatori e ai coltivatori di varietà e razze a rischio estinzione che, altrimenti, non sarebbero mai sopravvissute alle regole delle moderne forme di distribuzione”. Per il sindaco di Agerola Luca Mascolo, invece, “l’assicurazione sulla vita della mucca agerolese è la tipicità e la genuinità del provolone del monaco. La vera razza in via d’estinzione è invece quella di contadini e agricoltori, a cui bisogna garantire gli strumenti per lavorare in tranquillità. Bisogna promuovere un’agricoltura multifunzionale per garantire lunga vita a questo immenso patrimonio culturale”. Sempre sui Lattari (con qualche coltivazione registrata anche alle pendici del Vesuvio) è a rischio anche la capra napoletana, “con il manto nero con riflessi rossi – così viene definita da Coldiretti - i suoi bargigli e il suo latte di alta resa nutrizionale e di sapore”. Sono 150 gli esemplari rimasti per la produzione di latte e formaggi a contenuto di grasso del 50% inferiore a quello vaccino. Si tratta in definitiva di una razza autoctona, la cui popolazione ha subito nel corso degli ultimi anni una forte erosione genetica, in seguito all’introduzione negli allevamenti di becchi e capre di razze selezionate. Gli allevamenti che contano capi di razza “napoletana” sono pochi, ma sono anche quelli nei quali la presenza della razza in questione assume maggior consistenza e nei quali si riscontra il più elevato grado di purezza. La sua particolarità è che veniva “allevata in modo tradizionale”, spiegano gli esperti, “per trarne latte fresco da pronto consumo”. Ma in Campania sono almeno altre sette le razze animali in via d’estinzione, sottoposte al piano di protezione regionale: a partire dal cavallo napoletano, continuando poi con il cavallo salernitano e persano, l’ovino laticauda e l’ovino bagnolese, fino ad arrivare alla capra cilentana e al suino casertano. Questi animali sono elencati assieme a 24 bovini, 38 pecore, 22 capre, 19 equini, 10 maiali, 10 avicoli e 7 asini, ancora presenti nel Paese grazie all’impegno degli allevatori italiani. Il tutto, con l’obiettivo di garantire una straordinaria biodiversità degli allevamenti nazionali.
Il tecnico delle vespe vicino alle vittime della Tragedia del Faito. «Sono cose che ti segnano dentro. Contro i blucerchiati serviranno voglia di giocare a calcio e ritmo. Adorante? Qualche piccolo acciacco, vedremo se rischiarlo.»