Cronaca
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Rischio Vesuvio, così cambia il piano di fuga

Cinque i gruppi di studio al lavoro, entro fine anno l’aggiornamento del sistema di sgombero in caso di eruzione

tempo di lettura: 3 min
di Franco Mancusi
01/09/2007

Come difendersi dal rischio Vesuvio. C'è un piano di sicurezza varato dalla Protezione Civile nel '96. Un piano articolato attraverso diciotto Comuni della zona rossa (seicentomila abitanti) più esposta ai pericoli di un'eruzione, e altri 96 Comuni (un milione di abitanti) inclusi nella più vasta zona gialla soggetta alle conseguenze secondarie, meno devastanti, di un possibile risveglio vulcanico. In caso di emergenza, come si sa, gli abitanti della zona rossa dovrebbero essere trasferiti temporaneamente in città gemellate delle diverse regioni d'Italia. Questa scelta, in particolare, continua a suscitare polemiche fra i rappresentanti della comunità scientifica, i politici, gli amministratori locali. È di ieri un'interrogazione alla presidenza del Consiglio presentata dal parlamentare Arturo Scotto, Ds, critico sui criteri di designazione e di gestione della commissione interdisciplinare nominata dal dipartimento della Protezione Civile nel 2003 per l'aggiornamento del piano. I lavori dei cinque diversi gruppi di studio dovrebbero essere completati entro la fine dell'anno. Ecco le novità più importanti, previste nei settori di maggiore impatto sociale e territoriale. Caso Napoli. Non cambia la perimetrazione della zona rossa, a più alto rischio sismico e vulcanico. Maggiore attenzione logistica, tuttavia, sarà garantita nei grandi agglomerati urbani esistenti sui bordi dell'area epicentrale, vale a dire nei mega-quartieri della periferia orientale del capoluogo (Barra, San Giovanni, Ponticelli) e nell'area di Castellammare, sull'opposta sponda vesuviana. «Il caso Napoli - ribadisce il vulcanologo Franco Barberi - non desta particolare motivo di preoccupazione». Zona gialla. Non sarà più necessario allertare (e perciò paralizzare) l'enorme bacino urbano esposto al rischio degli effetti cosiddetti secondari di una possibile eruzione, come la ricaduta di ceneri, lapilli e pomici. Sulla base delle preziose esperienze maturate nel corso delle ultime eruzioni dell'Etna, basterà affidarsi ai bollettini meteorologici per limitare l'allarme, individuando in tempo reale la direzione dei venti e dei conseguenti pericoli reali. Centri di raccolta. Forse sarà la novità più attesa e importante. Una volta scattato l'allarme-eruzione, non bisognerà partire immediatamente verso le città gemellate delle più o meno lontane regioni italiane. Nelle prime 24, o anche 48 ore di emergenza gli abitanti della zona rossa saranno concentrati in due centri di raccolta lontani dal cratere ormai attivo, ma in comprensori completamente al sicuro della Campania. La scelta dovrebbe ricadere su alcuni mega-complessi della fascia costiera casertana e del Cilento. Soltanto in un secondo momento, se i colpi dell'eruzione s'intensificheranno, la Protezione Civile potrebbe decidere di avviare l'esodo, sempre temporaneo, degli sfollati nelle città già predisposte nelle diciotto regioni nazionali. Vie di fuga. Dovranno essere snelliti tutti i progetti relativi alla sistemazione della rete autostradale, locale e nazionale. Dopo il flop dell'ultima esercitazione pratica, nell'ottobre dell'anno scorso (con i caselli della Napoli-Pompei paralizzati per quattro ore sotto la pioggia) anche il minimo ritardo sarebbe imperdonabile. Subito una conferenza dei servizi e un desk unico in Prefettura per coordinare i diversi interventi. Porti. Impossibile prevedere l'arrivo delle grosse unità-soccorso per trasferire via mare un considerevole numero di sfollati. Molto si è fatto per l'escavo dei fondali e per il potenziamento dei servizi sulle banchine degli scali vesuviani, da Portici a Torre del Greco, Torre Annunziata, Castellammare, moltissimo resta da fare. Anche in questo caso sarà necessario un più incisivo collegamento fra gli operatori istituzionali, dalla Regione agli enti locali. Comunicazione. Maggiore impulso il piano di sicurezza dovrebbe assicurare alla complessa opera di informazione, educazione, comunicazione delle comunità vesuviane, in particolare delle scuole, sui tanti aspetti del rischio Vesuvio e dei comportamenti da mantenere in caso di emergenza. Previsti incontri, convegni illustrativi, esercitazioni pratiche con esperti di collaudata esperienza e professionalità.

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