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Castellammare - Marina di Stabia porto di Pompei, occasione persa ... ma anche da cogliere

Dove la politica ha fallito per 20 anni, in primis con la scelta di preferire le opere a mare rispetto a quelle a terra, potrebbe essere il brand Pompei a trainare lo sviluppo del waterfront stabiese con la vocazione turistica.

tempo di lettura: 2 min
di red
17/11/2022 22:28:33

Un’occasione persa. O persino un’occasione da cogliere. Quella di Marina di Stabia è la storia di un’opera incompiuta, a causa soprattutto delle scelte di una classe dirigente politica che nell’ultimo ventennio non è riuscita mai a cogliere le opportunità di sviluppo del territorio. Marina di Stabia, dunque, non è più il porto turistico di Castellammare e diventa, di fatto, il porto di Pompei, con navette di collegamento tra lo scalo e la città mariana, sede del Santuario e degli Scavi. Una scelta lungimirante, quella del sindaco Carmine Lo Sapio, che ha colto l’occasione per “portare il mare” a Pompei, come non erano riusciti a fare i suoi predecessori. Una decisione che, di fatto, rischia di escludere Stabia dai circuiti turistici. Se mai ci fosse entrata per davvero. Il porto turistico, infatti, ha rappresentato per 15 anni un’oasi nel deserto, chiusa rispetto al resto della città. La storia di un paradiso per i vip, ma di un fallimento per la politica che optò per la realizzazione delle opere a mare prima di quelle “a terra”, lasciando che un’ampia fetta di quell’area restasse nella più totale devastazione, com’è ancora oggi, nonostante l’avvio della conferenza di servizi lo scorso anno per provare a sbloccare lo stallo dopo l’invio da parte della proprietà di una proposta di variante, modificata con l’esclusione delle case a mercato libero con strutture “funzionali e strutturali al Marina”. Il quesito ora è: cosa è realmente cambiato per Castellammare? Poco o nulla, se non la consapevolezza dell’ennesima occasione persa. Un’occasione che, tuttavia, potrebbe essere ancora colta. Già, perché il brand Pompei potrebbe diventare il traino per far svoltare il processo di sviluppo dell’intero waterfront. Magari attraverso la tanto attesa vocazione turistica da portare avanti su quell’area. Non più con le case e con le colate di cemento, bensì con strutture alberghiere, parcheggi e opere di interesse pubblico per costruire un varco di accesso degno di una città che punta all’accoglienza. Perché se la città non è in grado di affidarsi alla politica per crescere, può sfruttare il traino del turismo di Pompei per trovare una nuova interessante linfa vitale.

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