Stabia: cultura antica e contemporanea
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L'effigie bizantina di S. Maria della Libera

Arte dell'XI secolo nella diocesi stabiese.

tempo di lettura: 15 min
di Antonio Ziino
18/07/2011 8.34.19

Con uno stile che esalta gli stessi valori delle linee e delle decorazioni delle pitture della Cripta di S. Biagio, è stata dipinta l'Immagine di S. Maria della Libera, sul Monte S. Cataldo di Castellammare di Stabia.

Si è già detto, in altre occasioni, che gli abitanti di Stabia trovarono aiuto e conforto presso i conventi benedettini. Essi, per scampare alle razzie se ne salivano sulle pendici dei Monti; è probabile, perciò, che proprio in una di queste tristi occasioni, uno dei monaci benedettini si fosse accampato colà insieme ai superstiti e abbia dipinto sulla superficie della roccia l'immagine della Madonna. Il santuario della Madonna della Libera ci sembra uno dei più antichi monumenti sacri della zona in quanto l'immagine della Madonna è stata dipinta direttamente sulla roccia concava, e ciò costituisce un esempio raro, e perché ci siamo già occupati di questo prezioso dipinto in una documentata monografia - la prima e più completa ed esauriente pubblicata - andata esaurita.

La chiesa, col piccolo convento,  sono facilmente raggiungibili attraverso una stradetta che inizia all'altezza del castello medioevale, sulla strada panoramica di Castellammare di Stabia.  Originariamente doveva trattarsi di una mulattiera polverosa, che, fiancheggiata da vigneti e case coloniche, porta al celebre Santuario, centro antichissimo di devozione e vita spirituale per gli abitanti di Stabia, specialmente da quando la custodia della chiesa è affidata ai Padri Cappuccini. Ora strada e santuario sono stati ripetutamente ampliati specie negli ultimi anni.

Naturalmente,  i lavori...non finiscono mai e anche il nuovo superiore P. Francesco Gigante, proveniente dal Convento Francescano di Nola, qui da circa un anno, continua l'opera dei suoi predecessori non solo per svolgere il suo ministero  pastorale, ma anche per mantenere in ordine lo storico complesso di grande rilevanza spirituale e artistica.

La chiesetta, lo si vede subito, essendo letteralmente addossata alla roccia, è nata in funzione di un dipinto, un magnifico esemplare bizantino fermato sulla viva roccia e ricoperto, allorché i gusti cambiarono, da una pittura, riproducente le stesse figure, dalle forme più dolci e forse anche più gradite ai fedeli, ma indubbiamente di modesto valore artistico. Originariamente la chiesa dovette essere poco più che un'edicola, una cappella che proteggesse quell'antichissima testimonianza di fede e di arte.

Per qualche notizia storica, va detto che, nell'anno 1580 la Signora Isabella del Giglio venuta in possesso della tenuta boschiva in cui esiste il dipinto, erigeva una Cappella gentilizia (attuale navata centrale del Santuario) con sotto la tomba di famiglia. Vi istituiva poi la cappellania con una Messa settimanale. Per eredità la tenuta passava più tardi ai Conti Coppola, da questi sempre per successione alla famiglia Correa Boccuti.

Con atto notarile del 1829 registrato nel 1831 Paolo Correa cedeva il Santuario e l'annessa casa Colonica (incorporata nel Santuario stesso) ai sacerdoti germani Saccardi, precedenti custodi, la chiesa passava ad un altro sacerdote Saccardi nipote dei primi, e da questi al compianto Canonico Francesco Saverio Saccardi che nel 1898 la cedette ai PP. Cappuccini che attualmente la officiano.

Con l'incoronazione, avvenuta nel 1965, si è avverato finalmente il sogno dei precedenti superiori del Santuario e di Padre Paolino da Nola che tanto generosamente si prodigò per la realizzazione dello storico evento.

Il restauro.

Da quando, con la rimozione del più recente strato pittorico, ci si è trovati di fronte alle figure ieratiche e stilizzate della Madonna col Bambino, attorniata da due figure di Santi, ci si è chiesto come un così prezioso tesoro potesse trovarsi lì, in un posto senza dubbi incantevole, ma un po' fuori mano, specie in tempi in cui Quisisana non era attraversata dall'attuale strada panoramica.

Molte ipotesi sono state fatte; ma per la maggior parte gli autori che si sono occupati dell'argomento spiegarono la presenza della pittura in quella zona risalendo nientemeno che al periodo delle controversie religiose suscitate dagli imperatori iconoclasti intorno al VII secolo. Questa datazione così arretrata non può assolutamente essere sostenuta, non diciamo da documenti storici, ma neanche da argomenti stilistici e interni alla pittura stessa. Infatti questi ultimi ci portano piuttosto ai secoli X-XI, collocandosi in un filone ben delineato qual è quello della pittura benedettina che ebbe in Campania vasta diffusione.

Il dipinto di S. M. della Libera

Sulla superficie sommariamente levigata di una roccia concava, dunque, si trova dipinta l'Immagine conosciuta col nome di Maria SS. della Libera.

La pittura riproduce, quasi a grandezza naturale, la Madonna col Bambino circondata da due santi.

Nel 1939, Padre Felice da Pomigliano, superiore del piccolo convento annesso al Santuario, preoccupato del fatto che nel dipinto si erano prodotte delle spaccature, e che lo stesso andava scomparendo sotto una patina nerastra, dovuta al fumo delle candele, pensò di rivolgersi alla soprintendenza competente, e così - è scritto sul diario del convento - il 28 settembre del 1939, ii soprintendente all'arte medioevale e moderna della Campania, accompagnato dal Prof. Cascone di Castellammare, visitava il Santuario per esaminare il dipinto murale della Vergine della Libera i cui lineamenti, data l'azione del tempo e del fumo delle candele, si vedevano a stento.

Ii 5 ottobre dello stesso anno - come ci informa sempre la stessa cronaca - venne «il Prof. Chiariello per fare una prova di pulimento del dipinto onde mettere in evidenza il probabile originale. Mentre il prof. Chiariello eseguiva la prova di pulimento e qualche raschiatura, avverti subito che sotto l'effige dovesse esistere altro dipinto, sul  quale, per incoscienza, era stata dipinta l'immagine. Difatti il restauratore, procedendo con le debite cautele, scoprì un altro affresco».

Il giorno dopo, cioè il 6 ottobre, il prof. Chiariello scriveva al soprintendente e al Superiore del convento della Libera una lettera in cui diceva tra l'altro: «ho esaminata la pittura murale esistente nel Santuario di S. Maria della Libera di Castellammare di Stabia. Originariamente è un dipinto a fresco che è stato sconciamente ridipinto probabilmente con colori ad olio, e coperto con cattiva vernice. Col tempo la vernice e le dipinture hanno subito notevole alterazione coprendo il dipinto con uno strato sporco e annerito.

Oltre alle varie mancanze in tutta la superficie dell'affresco - continuava il Chiariello - il viso della Madonna e quello del Bambino e parte del Santo Cataldo sono corrosi e certamente, dopo il pulimento, poco ne rimarrà.

Il restauratore concludeva la sua lettera consigliando il seguente restauro per il quale chiedeva un compenso di lire mille: (diligente pulimento del dipinto, liberandolo dalle vernici e dalle ridipinture, mettendo in piena evidenza ciò che è rimasto dell'originale. Restauro pittorico, a tempera, di tutte le parti mancanti di colore). Il lavoro proposto, che fu subito autorizzato, mise in luce l'antico dipinto che possiamo ammirare in tutto il suo originario splendore.

Si tratta, come abbiamo già detto, di tre figure: la Madonna col Bambino e due Santi.

La figura alla destra della Madonna è, secondo il concorde giudizio degli studiosi, e anche alla luce della tradizione iconografica paleocristiana, quella di San Giovanni Evangelista il quale mentre ha le dita della mano destra in atto tipicamente oratorio, regge con la sinistra il libro del Vangelo da Lui Scritto.

Al centro si erge la figura della Madonna dal viso dolce e dagli occhi espressivi, che sorregge il divino Figliolo tenendoselo con la guancia poggiata alla sua.

Alla sinistra della Madonna si trova il personaggio più discusso. E' in paramenti vescovili, come quelli dei vescovi dei primi secoli del cristianesimo, con mitra bassa e pastorale. Anch'egli in atto oratorio. Nello spazio tra la Madonna e S. Giovanni, è dipinta una figurina, denominata comunemente il « piccolo offerente ». Si tratta probabilmente dell'autoritratto del pittore effigiatosi a scopo di devozione, come era usanza del tempo, oppure era raffigurato il committente dell'opera.

Si trattattasi di S. Cirillo Alessandrino, il quale, come S. Giovanni Evangelista, difese strenuamente la Figura della Madonna (ma potrebbe trattarsi anche di S. Cataldo).

S. Cirillo Alessandrino, dottore della Chiesa, successe lo zio, Teofilo, alla Cattedra di Alessandria. Difese strenuamente la Chiesa di Cristo contro gli eretici e specialmente contro il patriarca di Costantinopoli, Nestorio, il quale con i pelagiani negava la necessità della grazia e divideva Gesù Cristo in due persone.

Poichè Nestorio continuava a propagandare le sue false asserzioni, si considerò opportuno indire un concilio ecumenico. E il 22 giugno del 431 ad Efeso fu inaugurato il Concilio di Efeso ecumenico III. S. Cirillo vi si recò quale vicario del papa S. Celestino. A tale assemblea conciliare convennero oltre duecento vescovi. Anche Nestorio, con l'appoggio di dieci vescovi, andò ad Efeso ma si rifiutò di partecipare al Concilio, nonostante l'invito rivoltogli dai Padri per ben tre volte. Dopo di che si passò alla disamina della dottrina negli scritti di Nestorio che gli procurò la solenne sentenza di condanna. Nella seconda sessione (ve ne furono in tutto sette) che si tenne il 10 luglio, S. Cirillo pronunziò un eloquente discorso in onore della Madonna ricordando la sentenza papale che, nel definire la dottrina: essere in Cristo una sola persona, aggiungeva che realmente la Madonna poteva dirsi Madre di Dio.

Sull'interpretazione della figura  alla sinistra della Madonna, il P. Ludovico da Saviano, scrive: «Molti studiosi si sono indugiati in questioni di dettaglio, perdendo di vista il motivo dominante del quadro, alla cui luce soltanto  è possibile imboccare la via giusta per interpretare la discussa figura di sinistra: quella del vescovo. Ci sembra chiaro che l'ignoto pittore abbia inteso rappresentare Maria Madre di Dio. Questo titolo, tanto contrastato dalle eresie, fu difeso, (come abbiamo visto) non solo da Giovanni, ma anche dal Santo Patriarca di Alessandria, Cirillo. Da questo sfondo storico deriva un raggio chiarificatore, per cui opiniamo doversi nella figura del vescovo l'invitto difensore del privilegio mariano al Concilio di Efeso ».

Come si è detto, la superficie della roccia, su cui sono dipinte le figure, è concava forse perché il pittore pensava che, lavorando la roccia a forma di catino, avesse avuto modo di preservare la pittura dalle intemperie.

Tutto lo spazio è rigorosamente squadrato e la figurazione è divisa in tre zone verticali: al centro, la Madonna con i due santi disposti lateralmente.

Le figure, dall'espressione fissa, sono impostate frontalmente secondo la caratteristica rigidità bizantina. Esse misurano circa 1,65 e sono avvolte in lunghe tuniche di ispirazione classicheggiante; sul capo portano l'aureola.

La Madonna ha il vestito color rubino con manto bigiognolo a fasce, decorate, rosso pompeiano; i due santi vestono una specie di dalmatica grigio-celeste con manto porpora; San Cirillo porta anche il pallium. I panneggi sono riccamente decorati con gemme e corolle stilizzate. Altri motivi decorativi corrono intorno alle aureole e nella parte superiore del « catino absidale ».

La mancanza di plasticismo dà alle figure un senso di piattezza che, però, non toglie alle stesse una singolare espressione di intensa spiritualità e di religiosa compostezza.

Concludendo, aggiungiamo che anche ora il Santuario è oggetto di continui restauri e abbellimenti.

 

GIUDIZI SUL DIPINTO RACCOLTI NEL 1965 DA ANTONIO ZIINO

Sull'epoca del dipinto l'autore nel 1965 ha creduto opportuno chiedere un giudizio ad un gruppo di illustri studiosi al fine di collocare, finalmente, il dipinto, tanto discusso, in un periodo delimitato dell'arte italiana. Le dichiarazioni sono raccolte nella monografia, ormai andata esaurita, di Antonio Ziino « Il dipinto bizantino di S. Maria della Libera», che, per comodità del lettore, sommariamente riepiloghiamo.

«Il dipinto della Madonna della Libera può considerarsi certamente bizantino e l' immagine ne rileva chiaramente i tratti in tutta la sua totalità.

Per quanto riguarda la sua epoca posso dire che è in rapporto con S. Angelo in Formis ».

Prof. RAFFAELLO CAUSA

Soprintendente alle Gallerie della Campania

"Nel dipinto sono riscontrabili senz'altro, elementi bizantini... Infatti, la pittura ha fondo artistico campano, si ispira al mondo classico e ha influenza della pittura bizantina.

L'opera è dell'XI-XII secolo".

 

Prof. ALFONSO DE FRANCISCIS

Soprintendente alle Antichità - Napoli

"Non mi sentirei  d'affermare che la «Madonna della Libera » sia opera propriamente bizantina.

Senza dubbio vi è del bizantinismo, e d'un timbro affine a quello di certe zone occidentali dell'Impero (Grecia, specie Tessaglia e Macedonia).

Direi che quel bizantinismo in ogni caso generico è stato qui tradotto in linguaggio « europeo », forse da un artista discendente, alla lontana, dalla grande cultura pittorica fiorita in Campania tra il IX secolo e l'XI.

Sarei tentato di dire di più (la pittura è per più versi interessante); ma sarebbe imprudente ».

 

Prof. SERGIO BETTINI

Direttore dell'istituto di Storia dell' Arte dell'Universita di Padova

 

"Il dipinto, ben noto, di S. Maria della Libera presenta elementi bizantini. Può considerarsi un'opera « benedettina » del X-XI secolo".

 

Prof. BRUNO MOLAJOLI

Direttore Generale alle Antichità e

BB. AA. del Ministero della P. I.

 

« La pittura eseguita sulla nuda roccia è di gran pregio. Si tratta di un'opera bizantina con qualche elemento ellenistico che addolcisce notevolmente le immagini ».

Prof.   LIBERO D'ORSI

Ispettore On. alle Antichità e Belle Arti

 

       « L'affresco riproducente S. Maria della Libera è una pittura post - bizantina.

Rientra, grosso modo, nel ciclo di S. Angelo in Formis della pittura campana del secolo decimoprimo ».

 

Prof. MARIO NAPOLI

Soprintendente alle Antichità

Salerno - Avellino - Benevento

 

"Caro Ziino, ho esaminato con la  dovuta attenzione la documentazione che mi hai inviato. Tutto visto e considerato, propendo a ritenere che si tratti di lavoro piuttosto artigianale che artistico, e piuttosto popolaresco che colto. Ciò non va detto per togliere pregio alla cosa che ha una sua freschezza e una sua ingenuità  apprezzabili, ma per spiegare come sia difficile datare l'opera. E' infatti consaputo che sia l'artigianato sia l'arte popolare si mantengono a lungo fedeli a vecchie tradizioni anche quando l'arte colta sta innovando o ha già finito e concluso un suo fatto innovativo. Tuttavia ci sarebbe un punto di riferimento per una qualche datazione, e sarebbe precisamente la mitra del santo vescovo: una mitra latina di un tal tipo per la regione in cui la troviamo e in un'opera d'arte di questo tipo e stile, mi sembra non possa risalire oltre il secolo XIII.

  Complessivamente vi si vede il chiaro influsso dell'arte benedettina (basta guardare per es. il modo di colorare la guance); ma nell'ambito di essa rimane sempre presente la tradizione bizantina (Madonna pienamente rispondente al tipo Glykqilonsa - Dolce hadante); anche il giovane santo a sinistra è della medesima tradizione bizantina; deve trattarsi di San Giovanni Evangelista, per il fatto che tiene un libro con la sinistra; tuttavia il pittore non è molto addottrinato perché al suo San Giovanni fa una testa con un casco fuori della tipologia tradizionale; curioso il fatto che dove sono visibili le capigliature, cioè nella testa del San Giovanni e in quella del bambino Gesù, l'attaccatura dei capelli sulla fronte fa una linea orizzontale quasi diritta e solo leggerissimamente arcuata, mentre la tradizione bizantina comporterebbe che piuttosto ripetesse, anche se meno accentuati, i due archi sopracigliari: questo potrebbe essere un tratto personale del nostro pittore".

 

P. GIUSEPPE VALENTINI S. J.

Professore d'Arte Sacra nell'Università

di Palermo e Direttore di Corsi d'Arte

Bizantina a Ravenna

 

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Foto: archivio Ziino - Effige della Madonna e veduta prospettica del Santuario

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