appunti, riflessioni e prose poetiche a cura di Hugo Salvatore Esposito
tempo di lettura: 67 minCaro lettore
per l'incapacità di assopirmi all'idea di un tempo che passa e invecchia, in queste pagine di diario, scritte durante un breve soggiorno effettuato nell'agosto/settembre del 1993, offro l'immagine dei giorni trascorsi nei luoghi dell'infanzia e parte della mia adolescenza, quando alla marina di Castellammare di Stabia pullulavano mille mestieri, il lido era "carezzevole e mansueto" e il mare nascondeva la tristezza...
Ombre... come la sera sull'acqua
allungavano l'ansia del giorno passato.
Adolescenti indecisi imprigionavano
fantasie impossibili in corte coperte strappate.
Non nutrivano il cuore le notti di festa
che danzavano meste su onde lucenti di nero...
A quel tempo, i giorni "menavano" nell'ossessione che tutto restasse immobile, mentre i giovani "sognavano" un posto di lavoro e i disoccupati il pacco di pasta...
Scavo fra l'ammasso dei ricordi
e trovo una perla bianca
lucente e soave come la luna.
Non è solo amarezza...
Non è solo tristezza questa vita,
ma la felicità non è mai felicità...
Ora, l'inquietudine, la nostalgia e quella voglia di tornare alle radici, mi allontanano da Milano per alcune settimane, così tutta la notte ho viaggiato e tutta la notte ho sognato. Sono stanco, poiché viaggiare mi affatica. La meta è quella terra che, in parte, ha plasmato la mia vita: dolci ricordi, ricordi amicali e familiari e, soprattutto, ricordi di passeggiate inutili...
Vuota... deserta diventava la casa
quando sommerso dalle ansie
le ombre spaventavano la stanza
soffiando pensieri d'avventura.
Musica di flutti che trasformava
il giovane tormento in melodia
sciolto nel solo dolce desiderio:
"di farsi trasportare dalle onde".
Intanto, il treno corre, corre veloce e sferraglia... Le stazioni si susseguono e, giunto alla Stazione Centrale di Napoli, ho avvertito un senso di smarrimento: mi sono sentito precipitato in un inferno. Al bar, tuttavia, ho ordinato un caffè e un "babà" e, dopo tanti anni, finalmente un vero caffè, un sorriso e un gusto dimenticato. Non ho fatto sosta a Napoli, non era la mia meta e voglio ricordarla così come la decantava, in una sua poesia, l'amico poeta G. Di Clemente che frequentava il "Salotto della poesia" di Arese:
Parlavi d'amore con natura
era il tuo respiro sgusciato nell'immenso.
Per me tu fosti il verso della mia prima luce
ti conobbi bella, candida, sospiro azzurro.
Il sole sfolgorava sull'inconscio mare
dalle rive d'acque chiare s'alzava
il volo dei gabbiani, s'annidava urlante
il coro, sul canto delle onde avverse.
Negli sguardi mandorlati sbriciolavi passioni
nei presagi di silenti forme delle muse.
Negli spiragli dei tramonti rutilanti
la notte alata scendeva rilucente
s'alzava a tregua, luna luminante,
amori e canti, sogni rinascenti.
L'eco distratta dei tuoi canti vellutati
dal mare intonavano per verdeggianti
monti, ardenze: fiamme di vulcani spenti.
Ma poi perdesti lo smagliante verso.
Nel tempo turbato che precorre
da sola rimpiangi il tuo splendore
sui filamenti di marcio insospettato
volti di spregio, sussulti insanguinati
di vergogna satura! Divina Creazione.
La vile mano, ostile ti disprezza e tu
con sofferenza ti rattristi e implori
pietà per figli miei che amo ancora...
Il treno per Sorrento è pronto sui binari e velocemente prendo posto. Alle stazioni non c'è tanta folla. Alle fermate, la gente sale e scende in modo ordinato e nell'aria avverto un'atmosfera di casa. Il trenino della Circumvesuviana conserva ancora quei colori vivaci e il ricordo ha portato alla mente i giorni quando, molti anni fa, a Torre ero iscritto all'Istituto di Ragioneria. All'epoca, non c'erano tante possibilità e mio padre aveva un lavoro precario: difficile mantenere a scuola tre figli... Non era destino, forse per me, diventare un ragioniere. Infatti, resistetti pochi mesi e poi nulla... Avevo altri progetti... Così nel lontano ottobre del 1959 abbandonai tutto e, con una valigia piena di sogni, presi il treno con destinazione Milano. Ancora oggi, ricordo il viso di mia madre che nascondeva un fiume di lacrime e la sua voce carica di affetto e tenerezza è ancora impressa nella mia memoria...
Scaldava il cuore la lettera spedita
sulle onde del mare: parole di casa
scritte a matita per segnare la vita.
Notizie distorte... per creare certezze
senza allarmare: solchi di rughe
in righe perfette la mano paterna:
scrittura d'artista il foglio di carta...
Mentre scrivo e annoto, il treno attraversa la città, della quale, nonostante tutto, sono fiero, penetrando nel suo ventre: case, casermoni e quartieri con una "folla di gente" in ogni luogo. Dopo tanti anni trascorsi a Milano, la città mi appare indescrivibile e irriconoscibile. Il primo ricordo che affiora è quel disordine organizzato delle strade e delle piazze. Scambiando qualche considerazione con le persone che incontro, avverto un senso di rassegnazione e di abbandono... I giovani sono, come ai miei tempi, abbandonati al loro destino e, per certi aspetti la situazione è peggiorata: i giovani aspettano ancora un posto di lavoro, i disoccupati il pacco di pasta dal politico del momento e qualcuno, più sciagurato, "sogna" di essere reclutato da qualche "famiglia nuova organizzata".
Ricordo le tante promesse mai mantenute e le contraddizioni mai sanate e i problemi mai affrontati... Intanto, percepisco un certo malessere, lo stesso che provo a Milano, quando la televisione e i giornali danno notizie riferite alla delinquenza, alla malavita organizzata e, soprattutto, al mal governo...
Esistenze depredate con metodo
criminoso e oltraggioso vedono
la terra malamente calpestata
dove tutto è notte e tutto è buio:
parole e fatti di criminalità usati
per perpetuare un potere corrotto...
Mi raccontano che il terremoto degli anni trascorsi e l'eterna crisi degli ultimi tempi hanno spento le poche ciminiere; ora le fabbriche di una volta - floride e competitive - sono ammasso di rovine. La città grida vendetta... La gente non vuole più il "pacco" come ai tempi del cavaliere Achille Lauro. La gente vuole dignità! Castellammare non è solo camorra! Castellammare è pur sempre la "perla del golfo".
"Gli stabiesi", affermava mio nonno, "è sempre stata gente onesta, arguta e fiera"
Caro lettore, queste sensazioni, che mi appresto a descrivere, a tratti, violentano la mia coscienza; tuttavia, voglio tentare di raccontare tutto ciò che mi procurerà questo viaggio, dopo tanti anni trascorsi nelle nebbie milanesi. Su certe situazioni non mi soffermerò, poiché ho scritto su altri testi e diari (conservati alla Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano) le mie esperienze di vita... e di viaggio.
Il calore di questa gente è familiare e la parlata mi coinvolge in una musica di suoni e di parole. Mi fa rabbia che non riesca più a parlare il vero napoletano e soprattutto di non essere in grado di scriverlo. Quanta nostalgia proverò nel percorrere quelle strade assolate che mi ricorderanno quando meditavo di "scappare". A quel tempo:
la gente si arrangiava
la provvidenza ci aveva abbandonati
il mare gemeva... si lamentava...
i ragazzi fumavano di nascosto
le ragazze sognavano le scarpe nuove
gli uomini erano ingannati
gli operai erano sfruttati
il profumo del mare inebriava
alcuni uomini bestemmiavano
il sole bruciava il tempo
le donne cantavano senza la radio
Intanto, mentre annoto, alzo gli occhi e ammiro - maestoso - il Monte Faito e il mare di Castellammare. Eccolo il mare... Il mare che mi mancava... Il mare dei miei sogni e delle mie visioni... Il mare che mi manca: a Milano mi succede che mi si "pari" davanti alla scrivania.
Sono veli trasparenti come ali
leggiadre di farfalle i pensieri
sospinti dalla brezza che sale.
Le parole si accostano in filari
di ricordi che esplodono nello
stupore di un silenzio che tace...
Dipingo i pensieri, e la mia fantasia, vagheggiando, esalta i sentimenti e le emozioni sommerse. Sono i ricordi? Raccontarsi, in un monologo segreto, ricordarsi di fatti, di persone, è fonte di conoscenza di se stessi e, spesso, di benessere interiore perché quella sospensione, quello smarrimento, quel ritrovamento degli indizi di tracce quasi indelebili, ci riconducono in quello scrigno segreto, in quella casa soltanto nostra e non scrutabile da nessuno, che siamo soliti chiamare "interiorità". C'è un momento, nel corso della vita, in cui si sente il bisogno di raccontarsi in modo diverso dal solito e, forse, la scrittura si assume nella circostanza il compito di raccontare in prima persona quanto si è vissuto e di resistere all'oblio della memoria: è una sensazione meravigliosa, più ancora che un progetto, quasi un messaggio che ci raggiunge all'improvviso, sottile e poetico. A volte quasi un'urgenza o un'emergenza, un dovere o un diritto, a seconda dei casi e delle circostanze...
Intanto, dalla finestra dell'albergo osservo la gente e la loro allegria mista di malinconia: stesse facce, stessi gesti, stesse frasi e parole. A quel tempo, ricordo che, nel cortile dove abitavo, viveva una vecchia in una delle case che lambivano la via. Il vicolo fremeva, sussurrava e "fiumi" di bambini sporchi e irrispettosi rompevano la pace, mentre le comari bisbigliavano senza sosta: discorsi senza tempo intercalati da frasi e parole variopinte. Mi perdo nei pensieri, mentre il tempo trascorre lentamente...
Si avvicina la sera, una sera che preme nervosa alla finestra. Ascolto... Il sole è appena calato e dall'alto del pendio, un cantore solitario canta al mare con struggente ardore. Non canta una canzone, ma sussurra lacerando l'aria. A tratti, sembra un lamento; egli canta la tristezza, ma con calore: frasi e parole prive di senso. Un grido di dolore perfora l'aria e l'eco rimbomba nelle orecchie. Canta la tristezza e, forse, lo sconosciuto è preso nel labirinto dell'atavica malinconia che ricorda come la vita sia un attimo...
Sono gli occhi che fuggono dalle rughe della vita
verso il breve istante che ferisce la tristezza.
Verso il monte, nei campi, i cani abbaiano, i gatti immobili fissano il vuoto e i grilli sono pronti a concertare. Ancora più lontano verso la marina i pescatori, a quel tempo, preparavano le reti, sistemavano e "pitturavano" le barche, mentre le donne parlavano e chiacchieravano... Quella vecchia era sempre curva sulle spalle, i suoi capelli avevano riflessi d'argento e nei suoi occhi fluttuava la tristezza. Le comari continuavano a bisbigliare mentre la vecchia con le sue dita secche e tremolanti rinforzava i buchi delle calze di filo. La gente ascoltava. La gente le chiedeva e la vecchia raccontava: i suoi pensieri sembravano che fossero annidati tra le rughe e le sue storie erano parole che gocciolavano come la pioggia che trema sopra i vetri.
Lieta discende la sera come carezza di silenzio
visita e chiama i ricordi che accendono la gioia
e aprono lo scrigno che cela tesori e parole...
La malinconia in agguato spacca le ore
e si dissolve nel buio che spinge lo sguardo
su nubi pettinate dalle prime ombre...
Quella vecchia, che ora vedo e non conosco, parla... trema... e, a tratti, si asciuga la lacrima che si forma senza piangere. La vecchia gesticola... e mentre racconta si muove come mossa da fili invisibili. Le sue parole sono come allora: infiniti anelli, catene che congiungono gioia e dolore, ironia e malinconia...
Sbiadita e annerita la foto di colei
che emerge dalla polvere del ricordo:
fiore e magia i suoi occhi immobili
e quello sguardo lontano che ancora
seducente incanta il gioiello
disegnato in mezzo al seno...
Non ho voglia di uscire e scrivo questa lettera alla mia cara amica:
Gentile amica,
navigo smarrito in un mare di malinconia e ho vissuto i primi giorni rintanato nella stanza dell'albergo dove, però, ho iniziato a scrivere e a lavorare; così sono solo tra le mie maschere e quelle figure immobili di carta e gesso. Ho trascorro i giorni a modellare e a foggiare carta e gesso per ottenere una figura, una maschera, un'espressione, un viso... Tu lo sai, ci vuole poco, così ho quasi ricostruito lo stesso studio di Milano con maschere e "teste" e spesso nell'osservarle le invito a parlare...
Questa sera ho deciso di non dormire... Non riesco a dormire... Non ho tanta voglia di dormire. Questa notte è una notte chiara e luminosa e tutte le stelle dell'imponente cielo splendono in una cornice incantevole: è notte, ma sembra giorno e il centro di Castellammare pulsa ancora. Tutte le vetrine sono illuminate e la campana segna le ore che mai più torneranno, mentre nei giardini è musica e le canzoni e i balli intrattengono... Cara amica, non è la vita che noi viviamo a Milano. Non è la frenesia della metropoli... Non c'è la tristezza della periferia dormitorio che angoscia l'esistenza, dove si vive senza sapere di vivere.
In questo preciso momento, le luci, i colori e il profumo degli eucalipti inebriano e agitano la fantasia. Il tempo scorre come un fiume: tutto è vita. La campana rintocca le due, ma non riesco a staccare gli occhi dalla volta celeste ancora tutta fresca e colorata. Il passeggio per le viuzze continua per tutta la notte e gli innamorati indifferenti si baciano nel vicolo, mentre le stelle danzano nel cielo. Non posso dormire e chiedo all'azzurro della notte di non addormentare i miei occhi, di non turare le orecchie e di non distogliere i miei pensieri: è una notte... una notte lontana e misteriosa durante la quale voglio ascoltare la musica del silenzio!
Ascolto il silenzio e avverto la quiete
che tiene prigioniere le mie parole...
Le stelle non modificano l'oscurità e
nel silenzio perfetto sono sorelle solitarie...
Il vento si adagia sulle onde.
La campana rintocca quattro colpi
e con qualche piccola luce fievole
su Monte Faito è crollato il buio.
Questa notte sono ossessionato dal silenzio
il suo suono agita gli istanti che mi abbandonano
nella stanchezza che dondola senza rumore.
Per la strada la gente rumoreggia e passeggia
qualcuno sospira con un respiro profondo
mentre la brezza agita un groviglio di ombre.
Castellammare, agosto 1993
Il tuo poeta
Dopo qualche giorno di riposo, carico di energia, provo ad iniziare a scoprire (meglio a riscoprire) i miei luoghi. Questa mattina ho trascorso alcune ore "giù alla marina" là dove una volta pullulavano mille mestieri: il colera e poi il terremoto hanno "bruciato" le risorse e le attività commerciali e artigianali: tutte le bancarelle dei venditori di lupini, di frutti di mare e di tante altre attività sono un ricordo...
Il circolo nautico, invece, simbolo della piccola borghesia cittadina, si è salvato ed è stato ristrutturato: le gesta dei fratelli Abbagnale - eroi nazionali per il canottaggio - hanno portato alla ribalta la città con le loro medaglie olimpiche e mondiali. Allorquando ero ragazzo, e marinavo la scuola, accadeva di essere chiamato a fare il timoniere per qualche equipaggio pronto a partire per gli allenamenti. Laddove ciò mi capitava ero euforico, contento... L'imbarcazione era leggera come una foglia e filava velocissima sotto i colpi e le palate dei forti atleti che dovevano "spingere sul carrello" e tenere il ritmo scandito dal timoniere. Quando, invece, non "navigavo", a volte, mi recavo al lido e osservavo il "moto dei pescatori": sistemavano al largo le reti e le due cime ritornavano a riva dove i "luciani" aspettavano per tirare la rete inserendo sul "cavo maestro" un gancio di cordame grosso che portavano a tracolla. Un rito si consumava e la "danza" continuava fino a quando il "sacco", posto a circa trecento metri dalla riva, era trascinato sulla spiaggia. I "luciani", tutti in modo sincrono, "tiravano" gettandosi all'indietro con tutto il peso del loro corpo e danzavano quasi addormentati e legati con il gancio alla fune maestra. La pesca, come tanti lavori, non era un lavoro, quella pesca era un gioco d'azzardo, perché spesso dopo ore ed ore, trascorse a tirare e a sudare, d'incanto appariva il sacco tutto vuoto.
In alcuni momenti, mi riesce difficile dimorare a Castellammare di Stabia: la città non la riconosco e per le vie non ho incontrato nessuno e, naturalmente, quei piccoli e grandi negozi non ci sono più. La marina, ahimè, è un ammasso di rifiuti ed è vietato calpestare la sabbia: avanza il "deserto" e il lido, una volta carezzevole e mansueto, è terra bruciata. Ricordo tutta la fila di cabine di legno e la morbida sabbia. La città, a quel tempo, era una celebre stazione climatica, balneare e termale. Oggi, mi raccontano, la gente scappa e cerca di acquistare la casa sulle coste calabre. Il "deserto" avanza e le coscienze inaridiscono...
Mi fermo in riposo sulla rena e ritornano alla memoria stagioni più lontane, nelle quali alcune letture si tramutavano (forse illusorie) in fantasie felici, in visioni... Tempo tramontato ormai, quando quell'ingenuo ardore di frangere il quotidiano incendiava i sogni... Intanto, un violento incendio sul Monte Faito sta devastando boschi e quella macchia mediterranea:
Sono foglie frantumate i pensieri che
contano gli anni in cerchi concentrici:
vite e parole senza più linfa quelle
mute parole che non trovano pace...
Il bosco brucia! Tutto svanisce in cenere!
La lama domani affetterà quei tronchi
morenti senza più braccia e danzerà
nel rumore ovattato da segatura di secoli...
Questo pomeriggio ho attraverso la Via De Turris, là dove abitava mia nonna e dove ho trascorso parte dell'adolescenza. Non l'ho riconosciuta, ma il grande portone mi ha fatto affiorare alla mente tanti ricordi e, soprattutto, quelle pareti di muffa:
Polvere d'oro la vita quando spargeva
i suoi granelli di luce su pareti mute
e su quei ritratti e paesaggi sbiaditi
ora appesi al filo della memoria: atmosfera
tesa e vibrante di silenzio che segnava
- a tratti - esistenze vuote...
vuote di avvenimenti e slanci
capaci di destare meraviglia e stupore...
Da quella finestra un timido raggio
creava un'aria nuova e penetrando
nell'animo con i suoi riflessi inebriava
e cancellava quei veli d'ansia e paura...
I ricordi hanno il loro tempo: i ricordi
hanno la loro giovinezza e
se lasciati ammuffire diventano
fantasmi colanti di menzogne...
Alla marina, sui miei fogli annoto e disegno la casa che trasudava di mille muffe... quella casa senza luce... Come faccio a dimenticare:
l'umidità penetrava nelle ossa
il sole non abitava fra noi
le stanze erano senza luce
l'acqua e il cesso erano fuori
i giocattoli erano di carta
i vicoli erano stretti
i bambini (non tutti) andavano a scuola
i ragazzi (alcuni) vendevano le sigarette americane
gli uomini (non tutti) "andavano a rubare"
le donne profumavano il bucato con la cenere
la camorra non era "organizzata"
il vescovo benediva
il gelato costava dieci lire.
Ora, il vento profuma di mare, muove le barche e le tende delle case e delle osterie, mentre le donne ancora chiacchierano e raccontano...
Amo questa gente.
Amo il cuore di questa gente generosa e malinconica.
Amo la marina... dove ho assaporato la nostalgia e ho dimenticato la malinconia.
Dopo la sosta in via De Turris, ho proseguito verso la Villa Comunale. Ho passeggiato a lungo e mi sono diretto fin dove una volta c'erano tanti pastifici e tante industrie. Lo scoglio di Rovigliano è isolato in mezzo a un mare inquinato e maleodorante. A quel tempo, nella Villa si svolgevano le manifestazioni canore e si esibivano anche famose orchestre liriche e sinfoniche e credo anche un festival di canzoni napoletane. Ahimè, la Villa dei miei ricordi, è divenuto un luogo poco frequentato e raccomandato... Un tempo, la città era attiva e laboriosa, una città, dove si sviluppavano molte attività: pastifici, biscottifici e tanti negozi con vetrine piene di "eleganze e squisitezze" e allestite sempre a festa. Al tempo, poi, i famosi Cantieri Navali "lavoravano " e tante navi venivano varate a colpi di bottiglie di champagne (capolista: la corvetta Stabia varata nel 1786). La gente era felice e le buste paghe erano sicure...
La città è stata descritta nella sua bellezza da G.Marotta nel libro "San Gennaro non dice mai no": "... la prima tappa fu Castellammare di Stabia, l'antica cittadina di cui subito si pensa: qui i vecchi industriali e commercianti milanesi dovrebbero venire a trascorrere i loro ultimi anni. Castellammare è una celebre stazione climatica, balneare e termale; irta di ciminiere però, disseminate di officine e di fabbriche, piena di buste-paga, sorvolata da estrose nuvolette che [...] Castellammare è insomma Chianciano, Rapallo e Monza in una sola nitida e leggiadra cittadina; ha un lido carezzevole e mansueto, ha una mitissima temperatura, ha le terme, ha non so quanti biscottifici e pastifici che consentono di allestire vetrine di spaghetti [...] un bel giardino pubblico davanti al mare, poveri alberi uccisi dalle infiltrazioni di benzina dei carri armati che vi sostarono durante la guerra. Le truppe alleate, che presidiarono Castellammare, furono in massima parte Inglesi e non hanno lasciato un buon ricordo: assunsero un contegno altezzoso e sprezzante che non poteva piacere agli stabiesi. Questa è gente arguta e fiera, con molti fatti e persone insigni nel suo passato; e di ciò va sempre tenuto conto quando si viaggia, sia pure come vincitori di guerre! Castellammare ha, fra piazza Umberto e piazza Municipio, la sua piccola Toledo. Bei negozi di eleganze e di squisitezze [...] ma soprattutto la folla densa e ridente di Toledo, che pare si rechi sempre ad una festa. Al Cantiere Navale, mentre lo visitai, attaccai discorso con qualche operaio nell'atrio. I tedeschi, prima di andarsene, eseguirono anche qui il solito arpeggio di mine; ma, in pochi mesi, poi, gli operai stabiesi ricostruirono tutto. L'affetto che li lega al Cantiere può essere meglio valutato se mentre essi dicono: "Scrivete che il lavoro è insufficiente, ci occorrono materie prime"
Oggi, mi sono recato verso la vecchia stazione termale prima della frazione Pozzano e ho bevuto la famosa acqua della Madonna e quella Acetosella. Pensate, quando ero molto piccolo abitavo proprio di fronte a quelle fonti e una mia zia (chiamata "la Rossa") aveva la concessione di gestire la fonte.
Ora, il vecchio stabilimento termale, stretto tra la montagna e il mare, è divenuto un campo per i terremotati, ma devo raccontarvi qualcosa di queste famose Terme Stabiane.
Il centro termale, vicino al Cantiere Navale, è un singolare bacino idrotermale che comprende ben 28 sorgenti di acqua minerale che possono curare, secondo i dottori termali, tante malattie. L'odore dello zolfo è penetrante perché le acque termali di Stabia non sono finte...
Come una ragnatela di piccoli rivoli
le acque sgorgano con sincera sollecitudine
e la gente che è nata e che vive vicino
alle salutari sorgenti per tutta la vita
le osserva e ascolta, vi si bagna e respira:
cardine della loro vita sono eterne compagne.
L'acqua è nelle fondamenta delle case
e nel fondo delle loro anime purificate.
Sull'acqua e dall'acqua vivono,
contano su di essa, la cantano,
la sorseggiano ed è fonte di vita.
Il loro pensiero, come acqua fresca
e bollente, mutevole e mite,
scorre, trascina, serpeggia...
Alcuni anni fa, tuttavia, con l'aiuto della Cassa del Mezzogiorno, sono state costruite le nuove terme in collina, a Scanzano, là dove dominano le famiglie dei potenti politici...
Il panorama è indescrivibile e visitando il Castello di Quisisana, la mente vacilla...
Ricordo di barche in arrivo e partenza
i raggi specchiati sul mare d'argento:
freddi di luna scoprono il turchino
della notte che sul manto veglia distesa.
Troneggia il Castello e attorno dirupi
e scogliere sospirano in onde notturne
frastagliate dall'ebbrezza dei vortici.
Andare per sentieri e scoprire rovine
per ascoltare l'eco di oscuri richiami
che ancora navigano con remi spezzati.
La sincerità mi porta a raccontarvi che questo soggiorno, a tratti, è gradevole, perché fra questa gente non cola l'indifferenza che domina nella metropoli nella quale dimoro da molti anni... Dall'alto delle scogliere di Pozzano ammiro il mare turchino, la schiuma circonda gli scogli e poche barche transitano lontano. Il vento spinge colme nuvole che franano incessanti sopra le onde che si adergono alte in vortici di schiuma e frantumano la loro fragorosa energia sulla scogliera che, a tratti, diventa, cupa. Davanti al sole mi sono esaltato a contemplare lo spettacolo della sua apoteosi che irrompe e dissolve pensieri. Sono nello scrigno dei ricordi della mia adolescenza. La gioia mi afferra... La felicità mi tocca...
Ora, i ricordi si sgranano come fantasmi:
la gente si arrangiava
i disoccupati si rivolgevano al senatore Gava
la democrazia cristiana dominava
il pollo si mangiava solo a Natale
le ragazze non potevano uscire da sole
la pizza costava 50 lire
il gelato costava 10 lire
il cavaliere A. Lauro non era amato
Osservo, contemplo e annoto e questa sera ho tanta voglia di scrivere alla mia amica.
Cara, dolce poetessa,
qualche volta ti ho raccontato qualche storia che descriveva i luoghi che hanno temprato la mia personalità. Ecco, ritrovato i luoghi, posso dire che la mia infanzia la ricordo quando marinavo la scuola e correvo alla marina dove ammiravo e contemplavo il mare e con il vecchio Pino ispezionavo tutti gli anfratti e le piccole grotte con la sua barca a remi... Ora, dalla finestra dell'albergo, guardo con una sorta di riverenza questo paesaggio e questa distesa azzurra che tanto mi manca a Milano. La mia inquieta adolescenza la ricordo come lenta e inutile passeggiata alla Villa Comunale dove si era certi solo di consumare le scarpe, ma dove un forte profumo di eucalipto penetrava nelle vene... La mia adolescenza irrequieta non l'ho venduta ai politici e ai preti che trafficavano con carezze e raccomandazioni. Lauro prima e la famiglia Gava dopo erano i potenti, mentre i preti "gestivano" i fondi americani del Piano Marshall donando gallette dure e qualche posto di lavoro... La mia adolescenza onesta e laboriosa l'ho invece temprata sotto i cieli nebbiosi di Milano dove essere un meridionale era (ed è ancora?) quasi un disonore:
dove è difficile avere un amico
dove sei sempre un terrone
dove non sei mai uno di loro
dove sei un terrone anche quando frequenti l'università
dove le donne ti guardavano (o forse ti guardano) con sospetto
dove le ragazze non accettavano l'invito di ballare e di uscire
dove non superi mai gli esami
Oggi, come ieri, chiedono la tua provenienza... e non sei mai uno di loro! Oggi come ieri... indifferenza e umana diffidenza...
Ora, sotto i miei passi scricchiolano le prime foglie secche come il mio animo ed emettono un fruscio di carte vecchie come questi fogli. Ammiro i fiori ancora fioriti e profumati e, contemplando il mare, i pensieri si fondono e si confondono...
Fioriscono ammutoliti in colori a pastello
i gerani su rocce che cantano la quiete
di sabbia come carezza che sfiora la guancia.
Ebbre d'intemperie le foglie annotano
il verde che non dimora sui colli arsi
dai raggi riflessi su pietre di fiamma.
Sulle rovine del faro spento lotta
ferito un piccolo passero che non canta
sui rami caduti nel pozzo abitato dal ragno.
Sotto la frusta dello scirocco
rintocchi remoti il tocco degli alberi secchi
nel brivido di scogli che contagia le onde.
Intanto, ammiro e sono incantato, ma non sono certo io a decantare questi luoghi illustri. Non sono certo io a descrivere questi paesaggi, altri, meglio di me, hanno cantato il mare, il sole e la bellezza di Castellammare: perla del golfo dove tutto ricorda la Bellezza, l'Armonia e la Natura. Il mare! E' grandioso il mare. Un attimo di felicità. Un attimo di serenità. Le onde sono corte e la bellezza sconfina sulle colline.
Il mare non abbastanza placato invade con le sue pagliuzze scintillanti, mentre gli scogli assorbono e levigati somigliano a lastre dorate. Ancora il vento gonfia di canto anche gli alberi della pineta e nel loro fitto brillio il chiarore d'argento risplende con il biondo del sole. Anche la scogliera, verso il basso, canta e lo sciabordare si diffonde nell'azzurro con gioiosa cadenza, con quel ritmo che diventa sogno ad occhi aperti. Tutto mi suscita fervore e spinge verso la chiarità, verso il pensiero di vele solitarie, verso il volo...
Mi siedo sullo scoglio e il tepore arriva alle vene... Questi luoghi sono nella memoria della mia giovinezza: paesaggi incantevoli e cartoline un po' sbiadite... Il mare sembra addormentato, il pensiero si aggroviglia e penso alla mia adolescenza...
Castellammare, settembre 1993
Il tuo poeta
Prima di trasferirmi a Sorrento, però, voglio rivisitare gli scavi dell'antica Stabia.
Ora, davanti alle rovine, l'animo si apre e s'incanta. Un tempo sono state realtà vissute, ora sono diventati spazi carichi del passato, di storie, di leggende, e nell'osservarle è grande la voglia di riempire d'immaginazione e d'interrogativi i tanti vuoti... Nulla sembra possa corrompere le immagini e i simboli che rappresentano e disturbare il manto fluente del silenzio che rinnova nella sua trama il latrato di un cane, la caduta di un petalo, il ronzio degl'insetti, il fascino delle nubi vagabonde, il frusciare dei campi, le grida di uccelli marini e il moto delle onde... Ed eccomi davanti a dei muri diroccati, a dei pavimenti posati a mosaico, a degli affreschi... Sono dentro una sala. Il pavimento è ancora integro come il soffitto... I muri...
Varcando la porta stretta invasa dai rami di un fico colgo un delizioso frutto maturo. Aspetta, dice la guardia, mentre solleva con ambedue le mani i più bassi dei grossi e aggrovigliati rami per far entrare una visitatrice indecisa. La donna si china e passa. Qualcuno invita e prorompe in un grido: guardate le figure! In effetti, su di una parete, no, su due, su tre, uomini e donne a grandezza naturale, in piedi sull'intonaco. L'affresco, ahimè, si stava scagliando. Le figure sono stinte, qualcuna non ha più colore! Si vede appena un po' di rosa e blu nelle scaglie del vecchio intonaco. E i visi? Chi sono quelle persone, i cui corpi sembrano nudi... Impossibile decifrare questo passato antico e lontano... Indugio... e intanto annoto...
Si dissolve all'orizzonte in estasi
diffusa la mente sul tramonto.
Brivido di luci i colori
rassegnati inventano figure.
Vacilla il sole,... incendio
dorato la passione frenata.
Roteanti nello spazio desideri
e fantasie le fiamme solitarie.
Silenzio di anfratti la sera indifferente
nella fuga dell'inconscio.
Al cospetto delle rovine, evocanti il passato, la storia e i fatti in una maniera misteriosa, rifletto sulla fragilità della vita e sul quel mondo segreto degli avi. L'anima - eco di memoria - si libra e si dilata. I pensieri volgono al passato e, mentre attraverso i viali, sono avvolto dal silenzio immortale. Questi luoghi sacri ispirano reverenza, decadimento, crolli e storia: tracce del passato che costituiscono esperienze di vita che la fantasia popola di immagini, di figure e di esistenze non tutte diverse dalle nostre. Le pietre cadute, le scale che finiscono nel nulla, le mura sbiadite e i frammenti sono testimonianze di antiche civiltà, di uomini che, forse, non sanno di aver tramandato, nella conservazione, i frammenti e le illusioni della loro vita quotidiana.
Giacciono lungo cuscini di pietra
le rovine diroccate che vedono
scendere barche e ricordi
sullo specchio al tramonto.
Mura sconvolte il tempo passato
in colori di polvere ingialliscono
gli affreschi che dipingono la storia...
Prima di lasciare Castellammare, mi reco per l'ultima volta alla Villa Comunale, e un pizzico di speranza accende il mio cuore, poiché i monumenti, dedicati alle persone illustri e insigni di Stabia (A. Viviani, E. Gaeta, G. Bonito, L. Denza, M. Esposito), dimorano e troneggiano fra le bancarelle dei clandestini. Osservando la statua di Luigi Denza, ho avvertito un fremito, un sussurro, un canto conosciuto, perché quando ero ragazzo qualche volta ho frequentato la casa del famoso musicista.
Corro... Corro... La memoria scivola dietro negli anni e affiorano immagini innocenti quando ragazzo guardavo le ragazze forestiere libere e chiare come la luna. Coltivavo desideri amorosi proprio perché erano impossibili. Oggi come ieri... La bellezza di una donna appartiene alla natura e chi siamo noi a volerla catturare? Gli occhi appartengono al vento e la bocca al mare tempestoso. Ora, il vento porta un alito soave e lo sento come un fruscio di foglie secche. Tra mille alberi e fiori settembrini mi chiedo se la vita è verità o menzogna. Ma, come si può chiedere al ruscello se è vera l'acqua che scorre nel suo letto? Ma si può chiedere all'albero se sono veri i propri rami? Verità o menzogna? Non sono le parole che avvolgono la vita, ma sono i sentimenti e gli affetti che ci rendono felici? Oggi, al villaggio Scraio, il mare è un lenzuolo azzurro come il cielo, le barche transitano lontane mentre scruto la costa che si allunga. Per un attimo riesco a fissare le onde che sbattono contro la scogliera e osservando il loro movimento pare di vedere il mio cuore che ha impeti di passione come un'onda che risale velocemente la riva e uno svuotamento assoluto come un'onda in risacca. Provo una certa ansia nell'osservare le onde che, senza tempo, s'infrangono e subito ricostruiscono il loro moto. Quanta confusione... nel mio petto, quando mi chiedo: Che cos'è l'amore?
L'amore è come costeggiare un viale di alberi ognuno dei quali rappresenta la tenerezza, la dolcezza, l'amicizia, la dignità, la gratitudine, la bontà e la bellezza... Alla fine del viale c'è il cuore che è un segreto, una passione, un tormento, una gioia, una felicità...
Intanto le onde sono diventate molto violente e, preso dall'incantamento, ho rischiato di essere preso dal vento.
Il mare delle onde burrascose non s'arrende
segna un infinito brulichio di onde sonore
che hanno l'energia e il moto eterno del Creato.
Nella voce delle note domina l'incanto che nessuno riesce a fermare...
Allungo la mano per afferrare una matita e lasciare un segno prima che la luce crudele dell'alba entri e mi separi...
Ho lasciato la città nella quale sono nato. I pochi giorni trascorsi, in alcuni momenti, hanno turbato e tormentato il mio animo: estremo disagio e forti ingiustizie dominano oggi come ieri... La situazione è peggiorata con una delinquenza che brucia la città... La gente appare rassegnata e neppure un grido o un lamento si alza al cielo.
Il treno per Sorrento è veloce... e le gallerie sono corte: lo Scraio, Vico Equense e Seiano appaiono d'incanto. Ancora qualche galleria e il mare riappare in una cornice di bellezza tra i filari di limoneti e aranceti.
Sotto le "pagliarelle" fremono i rami:
antichi depositari di fresche bellezze
gli alberi eccelsi compongono limoneti
e aranceti che avanzano nel viaggio
in perenne equilibrio ed armonia.
Fermano il tempo e il ritmo dei secoli
le radici che - ragnatele di anni -
amano aromatizzare giorni di festa.
Aroma sublime il liquore e l'essenze
custodisce verdi pensieri e gocce di linfa.
Il treno macina e subito appaiono le stazioni di Meta di Sorrento e poi Piano di Sorrento. Il paesaggio è stupendo! Intanto, scrivo e annoto...
Gentile poetessa,
i giorni si consumano sotto questo cielo dove le case e le ville sono immobili e ricordano gli illustri personaggi che sono passati e che hanno dimorato in questo angolo di felicità: Sorrento è lucida e preziosa come un anello... Sorrento è poesia.
Goethe, Stendhal, Dickens, Ibsen e tanti illustri scrittori, artisti e poeti hanno visitato e cantato la città di Torquato Tasso. I giardini sono ancora tutti fioriti, gli alberi sono aggravati dal peso dei frutti e la signora Carolina sulla Marina Grande, apparecchia le ceste di frutta con maestria e mette in primo piano i fichi appena raccolti dall'albero gigante. I pescatori guardano il mare e preparano le reti e la barca per una nottata di speranza. Osservo i pescatori con i loro visi segnati dal vento, dal mare e dall'acqua salata. Ora le luci sono accese e in ogni via, in ogni vicolo e in ogni angolo c'è un lampione. E' suggestivo ammirare il golfo con tante luci e con il Vesuvio che domina sul mare: ogni luce accesa ha un significato e la mente ricorda i luoghi visitati. Le barche si adagiano sul mare ora calmo, tutte le case sono illuminate, mentre in lontananza si sentono i rombi dei fuochi che coronano qualche festa paesana.
E' sera... è l'imbrunire e l'aria fresca cala dai monti.
E' silenzio... è silenzio con il solenne canto della cicala.
E' un concerto di suoni e di luci, mentre il sole ha bruciato il giorno e la luna prepara il nuovo. Quanti giorni sono trascorsi? Sono stato per molto tempo solo e la solitudine era cosa gradita, ora mi affaccio alla finestra dei miei pensieri e vedo rottami e pietre levigate dalla tristezza. Intanto, nel parco vicino, vedo la natura che cambia e l'autunno che volge. Osservo le foglie timide e leggere che iniziano a cadere:
le foglie nascondono la loro ragnatela effimera
nelle loro pieghe è disegnato il destino
le foglie si nutrono di rugiada
sulle foglie si cullano i sogni degli innamorati
il tempo ricama le foglie
sulle foglie di adagiano i cuori gentili
le foglie rendono il giardino ombroso
foglie tristi per cuori malati
foglie di gioia per cuori in amore
foglie di vento che cadono lente
le foglie lacerate ritornano a nutrire la terra
In questo posto incantevole, contemplo e cammino lentamente. Non c'è tristezza che, passeggiando e contemplando, non si attenui e si sciolga. La natura, malgrado noi, compie sempre una trasformazione dentro di noi: la sua forza scavalca tutte le barriere. In autunno, attraverso lo sbocciare degli ultimi fiori passati dal buio delle gemme alla luce del sole, ci ricorda il nostro passaggio dall'oscurità allo splendore della vita, nella quale dobbiamo riporre le nostre speranze. Cammino e lungo il percorso mi accompagnano il canto degli uccelli, il frusciare lento e leggero delle foglie mosse dal vento, il rumore fresco dell'acqua di una fontanella. Grandi fiori autunnali dai colori più diversi si muovono intorno a me e spargono nell'aria un profumo inebriante. Avverto una certa dolce nostalgia... Mentre osservo attentamente, annoto: le foglie, infatti, rappresentano le stagioni, le possiamo trovare di tutte le grandezze e forme, alcune sono scheletriche, altre intatte nei colori e nell'aspetto... Il loro significato porta a pensare che: è uguale a quello della vita. Le foglie ingiallite rappresentano l'autunno con tutta l'incertezza e la malinconia delle creature che ci abbandonano. Nelle foglie appaiono i segni più mutevoli e fantasiosi che madre natura abbia mai inventato. La forma è quella di una lamina piatta, larga, stretta, allungata, collegata al ramo attraverso il picciolo, una specie di rametto a volte cortissimo o anche assente. Ora, queste foglie estive sono labili e pronte a staccarsi dal ramo, pronte a volteggiare nell'aria lentamente per posarsi al suolo. Le foglie estive toccano terra dolcemente e si adagiano silenziose fra l'erba ancora verde.
Anche gli alberi giganti, che si stanno spogliando delle foglie, mi fanno riflettere: la forza degli alberi è la fede. Non hanno incertezze, gli alberi sono venuti al mondo per volere di qualcuno e a loro basta questo per crescere e sopravvivere alle intemperie e alle avversità. Tutto ciò che desiderano è il vento che passa fra i loro rami".
Gli alberi, in realtà, sono creature divine che non tradiscono, non odiano... Gli alberi irradiano solo felicità, armonia e amore. Ecco perché l'uomo, stando vicino agli alberi, avverte una corrente di energia positiva e rigeneratrice. Gli alberi, quando li abbracciamo, trasmettono un'energia che non può essere immaginata da chi non l'ha provata. Al pensiero, senza ragione incomincio ad abbracciarne uno e provo una sensazione rigeneratrice e sembra di riscoprire un altro mondo fatto di curiosità, d'incanto, di magia e meraviglia...
Il tuo poeta
Sorrento, settembre 1993
Sugli scogli di Marina Piccola guardo le onde che avanzano serrate e si spengono mentre il mare mormora. Guardo perplesso le gocce che schizzano ogni volta che l'acqua sbatte veloce e fisso con malinconia le gocce che ricadono e formano un cerchio che allargandosi si disperde. Non riesco a riconoscere né il punto dove la goccia è caduta, né il cerchio che un po' prima si era formato. Il mio petto è colmo di fremiti e di calore...
Accanto alla notte vi sono stelle splendenti
la notte si volta e le scopre.
Le luci disegnano creature obliate
con movimenti di ramoscelli spezzati.
Tormentate passioni adornano la vita
e voci silenziose si ammassano
e si spandono desolate come tante lucciole
che cercano riparo.
Lentamente passano le ore e la nave tutta illuminata, dopo il giro turistico si avvicina: è sera e i turisti si affrettano a rientrare negli alberghi. Non so per quante ore ho sostato sugli scogli, il mio sguardo è stanco ed ora la brezza gela il mio sangue.
Il mare è uno specchio lucido!
Il mare è immobile. La notte scende...
nella mia mente è fisso il tuo sorriso.
Liberami da questa notte che si avvicina ...
Liberami da questa notte che mi distrugge ...
Questa notte gli alberi sognano...
Questa notte gli alberi parlano
una luce splendente bacia le loro chiome
che ondeggiano come fiori di seta.
Severo è il silenzio!
L'ombra della notte accende i tuoi occhi
che sono fiamme che palpitano
come papaveri danzanti.
Le stelle bruciano e sussultano...
e le stelle prigioniere
aspettano un tuo cenno per scintillare
mentre il cielo al tuo sorriso
accende le altre stelle.
Severo è il silenzio!
Severo è il silenzio ... eterna è la sua musica.
Calano le ombre, cade la luna
e precipita il mio cuore.
Cade ...
Cade la penna dalle mie mani ...
Attimi infiniti attraversano tutto il mio corpo... ma svaniscono. Fermo il pensiero e voglio fare risalire a livello conscio le emozioni che sono sprofondate: sono sensazioni che vorrei poter rivivere. La memoria scava e rileggo le frasi scritte e pensate e affiorano discorsi, atteggiamenti e sentimenti che turbano il mio pensiero.
Mi avvicino... mi avvicino, mentre il pensiero affonda sempre più nell'infinito, là dove batte il mio cuore. Chiudo gli occhi e cerco di individuare dove sono riposte le emozioni e le sensazioni più vive. Scendo... scendo ancora ed incontro nello stagno dei miei pensieri una foglia sulla quale galleggia un cuore. Lo stagno è immenso e la foglia si perde tra le onde che muovono l'acqua e i pensieri stagnanti: sono nelle pieghe dei miei segreti, ma le sensazioni si offuscano e le passioni si affievoliscono. I fiori del lago appassiscono, ma il loro profumo è penetrante...
Il mare è maestoso e le rocce superbe e impenetrabili. Le onde profumano l'aria e le barche transitano lontano. Il battito accelera e cerco di scoprire l'onda del battito del cuore da dove parte, dove si propaga, dove si ferma e sprofonda. Come farò mai a spiegarti l'infinita sofferenza che provo pensando che queste sensazioni non posso più percepirle? Emozioni violente, sentimenti e passioni affiorano... Mi interrogo e voglio capire che cosa si nasconde nel cuore. Sono disorientato e l'ansia m'assale... devo concentrarmi per riannodare i miei pensieri e per capire la fonte della mia sofferenza: un brivido attraversa il mio corpo.
"Vorrei che la natura palpitasse
del palpito che l'animo mi scuote...
Vorrei che nelle tue pupille immote
splendesse amore"
(C. Michelstaedter)
La strada provinciale è tortuosa e l'autobus affronta le salite, le discese e le strette curve, con estrema fatica. D'improvviso riappare il mare azzurro che, visto dall'alto, sembra un pozzo enorme, chiuso dalle rocce millenarie.
Non vedo la fine di questo abisso ...
mentre sprofondo sempre di più.
Interrogo la ragione e nel torpore
rivelo una nostalgia di felicità.
Essere felici è amare...
Essere felici è...
Sono esausto e cerco di risalire dallo stagno torbido delle percezioni. L'illusione è immensa... Le ombre si dileguano... Ho perso il contatto con la realtà, il viaggio volge al termine e finalmente Positano. La mia fantasia vola sul mare dove le onde lentamente si riversano contro le rocce immobili.
Positano è una fata di una leggenda ...
Positano è una donna seducente
vestita di pezze di seta.
A Positano l'aria profuma di mare e il profumo desta i ricordi e i desideri. La perpetua mia inquietudine mi nega di disporre della serenità e sento di essere prigioniero della notte.
Positano è il suono di un'orchestra di mille alberi sfiorati dalla brezza.
Positano è moda e tutte le botteghe scintillano di colori e di "pezze".
Positano è un sogno perché la luna abbaglia i cuori e avvicina le bocche.
Positano è la casa dei baci di tutti gli innamorati del mondo che sono avvolti fra le onde che accarezzano la marina.
Positano è amore, passione... fantasia e le stelle raccolte in un fazzoletto di seta, tremano come un cuore che ansima per la sua amata.
Positano è poesia...
Positano è malinconia...
Una tempesta di colori e immagini suggestive destano il mio pensiero e gli occhi sono incantati ad ammirare questi scenari favolosi. Davanti ad Amalfi, il mare è il padrone assoluto di queste rocce vigorose.
Amalfi maestosa! Amalfi è vigore, superbia ed orgoglio.
Amalfi è solenne ed è la regina della Costa.
Antica repubblica marinara, disposta ad anfiteatro,
è attestata e asserragliata sulle rocce nude.
Il visitatore è attratto dalla bellezza del Duomo del 1203 costruito in forme arabo-normanne con la porta bronzea del 1066 (fabbricata a Costantinopoli) e dagli antichi monasteri che circondano la città. Le case sono arroccate sul promontorio e viuzze strettissime con scale, scalette e rampe animano la vita. Tutto... Tutto è bianco latteo.
Visitare Amalfi è ritrovare la potenza e la tenacia degli uomini. La piazza dedicata a Flavio Gioia che consulta la bussola, domina sulla città.
Sono stanco e devo scrivere, così mi fermo per una notte ad Amalfi
La quiete della notte, nonostante le luci ancora accese, è profonda. Nel cielo stellato un filo di luce simile ad una lama d'acciaio getta baleni metallici sulle pareti della stanza estranea. Guardo lungamente il mare e le onde che si confondono con i riflessi della luce che di balzo in balzo scendono giù per le rocce producendo una sensazione di mistero che si dissolve in estasi: un sentimento inesprimibile sale dall'animo mentre un immenso bisogno di silenzio mi sottrae per un momento alla contingenza dell'ora, sublimandomi in un linguaggio spirituale. In ogni brivido della luce che, a tratti, muore avverto una parola e in ogni colore intravedo una figura. Le tenebre, lentamente, si posano ovunque e portano un pensiero, un ricordo, un sogno... Ascolto, ancora, lo sciabordio del mare... guardo come si riverberano i raggi della luna sulle increspature dell'acqua limpida e fosforescente e come quell'onda cristallina, nel suo raccoglimento, trema...
Navigo verso Capri, annoto e scrivo e non posso non fissare le sensazioni che provo, così scrivo una lettera alla mia cara amica:
Gentile poetessa,
sono trascorsi molti anni da quando ragazzo visitai Capri e stamattina sono felice di poter effettuare la traversata da Marina Piccola di Sorrento. La navigazione mi plasma e non stacco gli occhi: le cime dei monti si levano nel cielo azzurro e le nuvole transitano velocemente. Ancora oggi a poppa della nave, al mattino presto, vengono caricate casse di frutta e derrate alimentari. Quando ero ragazzo, a Castellammare di Stabia, assistevo al "pieno di acqua": tutto un barcone carico di acqua della Madonna per gli abitanti capresi. La nave ora trasporta turisti che provengono da tutto il mondo.
Osservo, guardo e scruto, perché nulla deve sfuggirmi: il golfo e incantevole, il mare ha il colore del cielo e le onde, battendo contro la nave, si disperdono in mille rivoli spumosi. Pochi minuti di navigazione e la nave, dopo aver superato i tre scogli detti "Galli" che sono disposti ad anello, attracca al porticciolo. La leggenda racconta che proprio fra questi isolotti si nascondevano i corsari. Ora non sono in agguato i pirati, ma spiano i vigilantes dei ricchi che hanno invaso, con ville, piscine, gli scogli rocciosi là dove riposavano gli uccelli migratori. Finalmente metto il piede sull'isola delle Sirene che i miliardari e i "nuovi barbari" hanno preso per dimora.
Chi sono i padroni di queste ville?
Chi sono i padroni di questi panfili?
Ahimé!
Dov'è l'odore di pesce fresco?
Dov'è l'odore di pesce fritto?
Non c'è più la gente che si affacciava alle finestre per occhieggiare lo sbarco dei forestieri e non vedo più i ragazzi scalzi che giocavano e pescavano. Non intravedo le donne che per i sentieri tortuosi e per scorciatoie scavate nella montagna reggevano sul capo, sempre in delicato equilibrio, some voluminose e gravissime portando al mercato frutta, fichi, more e ricotta. Ora, però, una donna è seduta nel giardino dei fiori:
Appena rosato quel bianco che cela
e diffonde le sue tinte quasi sbiadite e
profuma quei fiori dipinti che sfiorano
la mano della donna seduta in giardino.
Viso soave e sguardo stretto dall'ombra
da quell'albero gigante l'immagine
sospesa e celata dai rami - appare
ansiosa mentre legge il romanzo d'amore.
Sono nuvole che si sfaldano nel cielo
quelle che giocando a nascondere il sole
accarezzano petali e trecce di sogni...
Nella casa dei fiori il tempo sfiorisce
mentre la mente intreccia ancora colori
e i ricordi posati sul cuscino di seta...
Dove sono i vecchi pescatori che fumavano la pipa accatastando e riparando le reti che si asciugavano al sole? Fieri pescatori di agili pesci di acqua di cristallo che, loro malgrado, sono diventati camerieri e giardinieri. Nelle loro case, dalle facciate rugose e sbiadite, alloggiano i fantasmi degli antichissimi e valorosi "elleni" che fecero tappa nell'isola prima delle conquiste. Capri una volta era un unico ed enorme masso di granito; il mare, il vento e il cielo l'hanno sedotto a poco a poco scavando una fertilissima vallata dove grano e vite disegnavano un paesaggio smagliante e dove grappoli pesanti di limoni dorati ornavano gli alberi secolari, ma Capri "serba intatto il suo carattere rude, maschio e guerresco". La tenacia degli uomini ha sempre strappato terra a queste rocce di granito e gli abitanti veri hanno sempre dovuto lottare per difendersi dalle intemperie e anticamente la città di Capri si raccoglieva giù alla marina orientale all'interno della chiesa di S. Costanzo edificata nel XI secolo. La piazza è quasi deserta, i forestieri sono già partiti e il mio sguardo rimane tenacemente attaccato a questo paesaggio stupendo con il cielo terso e il sole che brilla sui campi e scintilla sul mare.
Visito la cattedrale...
Intanto calano le ombre, il vento fischia dentro le gole rocciose e il mare infuria nel fondo della conca rupestre. Mi precipito al porto per tornare a Sorrento...
Addio! Addio! Sorrento...
Sorrento, settembre 1993
Il tuo poeta
La vacanza è finita, devo ritornare a Milano, dove mi attendono tutte le attività e la voglia di sistemare questi appunti.
Nel mio studio di Milano, dove sono "appese" e attendono silenziose le gypsosculture che realizzo con la tecnica della carta e del gesso, il ricordo dei luoghi visitati sfuma i colori e la nostalgia mi fa adagiare al limite del sogno... I profumi assaporati si mescolano agli odori e ai colori metropolitani, ai gas di scarico e ai veleni non solo delle auto...
Metropolitane mattine
il sole di cenere: foglie calpestate
gli occhi dispersi.
Ossido quotidiano
i motori bruciati: finestre e porte
blindate i cuori feriti.
Fumo di morte
il veleno sommerso: brivido in agguato
il cielo silente.
Gridano fragranza
le ombre smarrite: povere luci
in neri frammenti.
Colpisce di freccia
il cuore dipinto: oscura gioia
scolpita sul viso.
Rosso di Milano
i fiori profumati: immagini impregnate
in file recintate.
Ma devo tornare, per non cadere nell'angoscia, per un momento all'atmosfera poetica e cercare di mescolare sulla stessa tavolozza i ricordi, i colori limpidi e splendenti di Castellammare, di Sorrento e della sua marina con quelli logori e pesanti che, ahimé, fanno parte della realtà. Come fumo, che striscia sulla terra e vorrebbe volare ma non riesce a sollevarsi, mi allontano per un momento da quest'istanti per trovare la quiete delle onde e levigare gli angoli e gli spigoli. Le pulsazioni sono lente, un senso di vuoto e di smarrimento mi prende e provo la sofferenza della separazione, dell'assenza, perché queste pagine appartengono già al ricordo...
Sono tre orologi quelli che segnano
le ore smarrite in pensieri dolenti:
esatto e preciso a colpi d'istanti
vola il tempo come esercizio crudele.
Pressante il ricordo corre all'indietro
e vede il passato corrotto da ombre
indurite da momenti che lo specchio
accarezza e le labbra sussurrano...
Il tempo scorre e cambia la luce
quando la mente cerca in avanti
di catturare un giorno che conta...
Velata la sera che accosta le tende
e veglia i sogni interrotti da lancette
che aspettano i bagliori dell'alba.
Le persone che mi vengono incontro sono quelle che emanano ancora nel mio cuore un fluido particolare che anima il gesto d'affetto e colora la voce. Le loro parole poche e secche, come un boccone di pane sfregato con aglio e olio, sono sincere e senza falsificazioni. Quell'esperienza la custodisco gelosamente. Queste pagine - brandelli e frammenti di un sogno - diventano un sussurro rivolto ai lettori silenziosi che hanno la sensibilità all'ascolto. La mia felicità si è avvicinata all'estasi della poesia, della quale ne conosco le difficoltà. Nella sera, un accordo di pianoforte si leva nell'aria e una melodia lenta e malinconica discende per le vene.
Nel silenzio di un'amica
in un verso racchiudo
la presenza che il vento
vorrebbe rapire quando
la notte sta per finire:
attimi magici e brevi
appesi sul filo del ricordo
colmano il vuoto dell'assenza.
Mi abbandono alla misteriosa dolcezza che, come amorosa brezza, mi conduce ancora sugli scogli dello Scraio, lungo quelle spiagge di granelli limpidi e trasparenti, su quelle rocce modellate dalla mano di un'artista misterioso e su quelle strade accarezzate da "nuvole di bambini" e auto inferocite, dove si è consumata, a poco a poco, una sincera comunicazione fra la mia anima e la malinconia...
Nutrita dall'abitudine di celarsi
nell'ombra la malinconia è pioggia
di pensieri ricorrenti che sussurrano
al margine delle pagine bianche.
I ricordi sono linee tremanti e
l'inchiostro - liquido amaro - annega
la memoria e la trafigge con aghi
di tristezza che feriscono il cuore.
La notte arresta logore lancette
in quello spazio indefinito dove
le ore palpitano nel silenzio...
contenere l'istante... assaporare
il presente il reale l'assente e
scoprire i sogni avvolti nel cuscino.
Il racconto volge al termine e rileggendo alcune pagine ho notato qualche ripetizione soprattutto quando descrivo le sensazioni davanti agli splendidi panorami e soprattutto quando mi sono ritrovato vicino al mare. Questo è dovuto al fatto che per me, pur trascorsi tanti anni, il mare è diventata un'ossessione. Il mare mi manca. Ecco, il mare mi si è "parato" davanti e il pensiero è sugli scogli dello Scraio...
Ormai sono trascorsi i giorni e quella rivelazione di natura, d'infinito e di divino continua ad esistere nella mia vita quotidiana con tanto fascino e rispetto, ma il ricordo dei luoghi e della gente di Castellammare è intermittente e si fa strada a fatica nella metropoli che, severa, indifferente e frettolosa, non fiorisce di giardini e profumi d'essenze.
nella sera di nebbia
un uomo senza pane singhiozza nel buio
il suo viso clandestino non è sfiorato dalla luce
e una nuvola nera l'avvolge
l'uomo è triste
e con la faccia di tenebre che gli rotola negli occhi
ha il cuore come la pelle
nella notte tra bidoni e rifiuti
la sofferenza e il dolore coprono il suo letto
i suoi piedi sono di fango
nel piumino di stracci avvolge il suo corpo
sul cuscino di carta riposa il capo
l'uomo è sfinito
al mattino lo scuote il rumore dei motori fumanti
al mattino non lo desta la voce del giorno
ma il lamento dei suoi figli lontani
tutta la notte ha sognato le rovine e la guerra
e i suoi pensieri sono labirinti di morte
l'uomo è smarrito
il traffico è bloccato
il viale è intasato ma gli automobilisti delle lamiere del Nord
sfuggono lo sguardo dell'uomo dei vetri
Hugo Salvatore Esposito
Salvatore Esposito (detto Hugo) è nato a Castellammare di Stabia, l'antica città dove il mare era turchino, la marina pullulava di mille mestieri e le onde divoravano i pensieri. Ha terminato gli studi superiori a Milano, dove risiede dal 1960. Ama l'arte e si dedica alla realizzazione di "gypsosculture": espressioni, maschere e figure in carta e gesso con le quali partecipa a mostre e ad incontri con gli studenti. La poesia è una passione, uno studio che gli permette di riflettere e di meditare: un piacere che gli consente di distribuire il suo tempo nel tempo. Egli annota e racconta a se stesso o ad un altro un sentimento, un'emozione, un sogno perché "il mondo è ancora pieno di sogni da sognare". Presidente dell'Associazione Artistico Culturale "Le Groane" è attivo come operatore culturale.
Da alcuni anni, infatti, coordina il "Salotto della Poesia", il "Gruppo di lettura" e "Aperitivo con l'autore" presso la Biblioteca Comunale di Arese e "Tavolozza della memoria" presso la Biblioteca di Bollate. Inoltre, conduce alcune trasmissioni radiofoniche ("Carezze di parole", con le rubriche: "Sentimento poetico", "Vetrina dei libri", Voglia di fiaba", Raccontami una storia") su emittenti locali dedicate alla poesia e alla lettura, proponendo scrittori, libri e poetiche dei grandi e "piccoli" poeti. Ha scritto diverse sillogi e raccolte di poesie: "Cuscino di seta", "Le ombre del tempio", "Creatura d'argilla", "Le note del mantra", "Viso di cipria", "Farfalle sognanti", "Seduzione di colori", "Momenti esistenziali", "Ramoscelli spezzati", "Dissidi interiori", "Le metafore di Aristotele", "Illusioni in diretta", "Coperte strappate", "Lame di morte" ed altre.
Inoltre, la sua autobiografia "Frugando nei ricordi", i diari "Maschere e Figure" e "Il pigiama negato" e due epistolari "Occhi aperti sulle letizie del silenzio" e "Il silenzio dei sogni" sono stati donati "per la memoria" alla "Fondazione Archivio Diaristico Nazionale" di Pieve S. Stefano (Arezzo). Alcuni capitoli di questi manoscritti sono stati pubblicati nel libro "Il canto del Nord", inserito nella collana "Finzioni vere" (Storie di vita per l'antropologia) diretta da Piero Clemente, pubblicato dal CISU (Centro d'Informazione e Stampa Universitaria).
Il tecnico delle vespe vicino alle vittime della Tragedia del Faito. «Sono cose che ti segnano dentro. Contro i blucerchiati serviranno voglia di giocare a calcio e ritmo. Adorante? Qualche piccolo acciacco, vedremo se rischiarlo.»