Era il 1998 quando il clan D'Alessandro di Castellammare venne completamente decapitato. Nelle operazioni della polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, furono fermati una ventina di affiliati tra cui i figli del fondatore della cosca di Scanzano, Luigi e Pasquale D'Alessandro. Ieri, dopo oltre vent'anni, è ripartito dal primo grado il processo che vede protagonista soprattutto Pasquale D'Alessandro in compagnia di altri imputati (tra cui Luigi Vitale e Carmine Caruso). Nelle aule del Tribunale di Torre Annunziata sono ricominciate le udienze che dovranno accertare nuovamente le colpevolezze di tutti gli imputati. Sono accusati di associazione per delinquere di stampo mafioso oltre che di rapine e spaccio di stupefacenti. Durante la prima seduta di ieri, è stata ricostruita la scissione che avvenne nel rione Santa Caterina
(Centro Antico di Castellammare) dove un nuovo gruppo di criminali si era formato intorno a Raffaele Di Somma «o' ninnillo». Quest'ultimo, composto da numerosi falsi pentiti, voleva separarsi dalla cosca di Scanzano. Tuttavia, nel processo che venne annullato alcuni anni fa per errori di forma, arrivarono condanne anche abbastanza dure er gli imputati. Luigi e Pasquale D'Alessandro furono condannati ma sono stati graziati proprio dal blocco della Cassazione. Se mentre per il primo la sentenza dovrebbe arrivare tra qualche settimana, nel processo Sigfrido che lo vede protagonista con Antonio Elefante, il secondo potrebbe godere della prescrizione. Infatti, a causa dei continui ritardi accumulati, tutti i reati potrebbero essere prescritti. Un'eventualità nota ai giudici del Tribunale di Torre Annunziata che stanno tentando di accelerare i tempi.