Cronaca

Castellammare - I D'Alessandro temevano i clan rivali, anche ai matrimoni si andava armati

Arsenali per difendersi ed imporre la propria legge, gli uomini di Scanzano in giro con la pistola nella cintola.

di genesp


Armare i propri affiliati era una necessità per il clan D'Alessandro. Anche se la pace era garantita grazie ai vari patti fra la cosca, gli uomini di Scanzano dovevano essere comunque in possesso di pistole per qualsiasi evenienza. Ad ordinarlo era il boss Vincenzo D'Alessandro che per un lungo periodo di tempo, a partire dal 2008, è stato al comando della cosca fondata dal defunto padre. Gli episodi a lui contestati sono tutti ricostruiti all'interno della maxi inchiesta Tsunami che punta a smantellare il sistema della criminalità stabiese.

"Enzuccio" voleva armi per se stesso e per i suoi stretti collaboratori e per procurarle si rivolgeva a persone di fiducia che nel corso degli anni non avevano fatto mancare mai il proprio appoggio a Scanzano. Una volta ricevute non le abbandonava per paura di essere avvicinato da membri dei clan rivali. Lo testimonia il fatto che Enzo D'Alessandro, nonostante il parere negativo della moglie che temeva il controllo delle forze dell'ordine, si presentò ad un matrimonio in un hotel vicino al quartiere generale del clan con una pistola nei pantaloni. Quel ristorante poteva essere pericoloso e per questo

motivo doveva cautelarsi per evitare di trovarsi in situazione di svantaggio. A quella cerimonia erano armati quasi tutti, compreso Renato Cavaliere, braccio destro del boss che poi è diventato collaboratore di giustizia svelando tutti i segreti di Scanzano.

Dalle ricostruzioni delle forze dell'ordine coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia emerge una cosca organizzata in tutti i settori e che riusciva a seminare il panico fra i semplici cittadini. Spesso quando gli uomini di fiducia del boss si recavano dagli imprenditori per imporre l'estorsione, non disdegnavano minacce e pestaggi per convincere lo sfortunato di turno a consegnare il denaro. Era un ordine preciso per evitare che qualche commerciante decidesse di denunciare rovinando i piani della cosca. Armare gli affiliati quindi era necessario per difendersi da eventuali raid dei clan nemici sia per intimorire gli imprenditori del comprensorio stabiese. E proprio per tali ragioni, quando le forze dell'ordine sequestravano arsenali o arrestavano affiliati armati, la rabbia di Vincenzo D'Alessandro era incontenibile. Temeva infatti che la cosca potesse indebolirsi agli occhi degli altri clan.


mercoledì 15 maggio 2019 - 09:55 | © RIPRODUZIONE RISERVATA

 



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