Ogni volta che Napoli finisce in TV, scoppia un caso. Non fa sicuramente eccezione l'ultima trasmissione di Real Time, uno dei nuovi canali che ha portato con se il digitale terrestre con alle spalle tutta la potenza di Discovery Channel. Ovviamente stiamo parlando del programma più chiacchierato, o sarebbe meglio dire criticato, del momento: il boss delle cerimonie, una sorta di docu-reality rispondente a un sequel di format che all'estero hanno avuto tanto successo.
Le critiche alla trasmissione, talvolta feroci, sono piovute un pò da tutte le parti subito dopo la messa in onda della prima puntata. Alcuni hanno fatto notare che, dalle nostre parti, il termine "boss" non è mai foriero di buone notizie, anche se in questo caso non c'è nessuna volontà ad accomunare alcunchè. Il Boss delle Torte, il Boss della Cucina e tanti altri, sono tutti programmi sulla stessa falsariga, si è semplicemente utilizzato anche in questo caso il termine boss, inteso come "persona particolarmente capace" e non nell'accezione in cui troppe volte le cronache nostrane ci hanno raccontato. "Boss", per dire, era soprannominato anche Flavio Briatore in "The Apprentice".
Altri, tanti altri, invece puntano il dito sul taglio, piuttosto trash, della trasmissione. "Passa e si lascia passare un'idea di Napoli, e dei napoletani completamente fuoriviante, praticamente un collage di tutti i clichè che negli anni ci hanno affibbiato" è l'accusa di molti. E su questa base sono nate nel web tantissime pagine e petizioni per chiedere la chiusura della trasmissione. Tutto ciò è parzialmente vero, ma vale il discorso fatto per i cantanti neo melodici: sono parte di una cultura comunque esistente e, piaccia o meno, esistono anche schiere di persone che li supportano. Allo stesso modo, il discorso vale per il tipo di cerimonie che vengono mostrate, votate allo sfarzo e all'ostentazione talvolta volgare. Certo, detto questo, però alcune cose meriterebbero i cosiddetti "puntini sulle ì". Far passare interviste dove si dice che "a Napoli si porta lo spreco di cibo", beh, qualche appunto lo meriterebbe. Ma non è questo il posto nè il momento.
Polemiche, poi, si sono levate sul luogo scelto per la realizzazione della trasmissione, il Grand Hotel La Sonrisa. Non è un luogo qualunque. E' uno dei posti più sfarzosi e lussuosi dell'intero comprensorio, che rivaleggia con realtà napoletane per qualità e capacità di coccolare il cliente. Un albergo-ristorante che negli anni d'oro accolse anche celebrità come Maradona e una lunga lista di attori e cantanti tutt'ora vi fanno capolino.
La Sonrisa, però, è anche un locale reso celebre dalle cronache giudiziarie. Una "vasta area, ove fino ad allora (1977, ndr) era presente solo un fabbricato rurale, sulla quale è stata compiuta un'attività edilizia, in assenza di titoli abilitativi o di titoli emessi in maniera illegittima, in violazione delle più elementari norme edilizie ed urbanistiche e della n
ormativa a tutela del paesaggio, che ha portato alla realizzazione di una imponente consistenza immobiliare con lo stravolgimento urbanistico dell'area", sono le parole del gip di Torre Annunziata Nicola Russo in uno dei tanti processi per abusivismo edilizio in cui la Sonrisa è stata coinvolta.
Una struttura, quella della Sonrisa, che "ha fruito di una pluriennale inefficienza (se non addirittura connivenza) degli organi di amministrazione del territorio e di quelli preposti alla vigilanza riuscendo così ad affermare ed a 'legittimare' la loro attività di edificazione abusiva e speculativa fino ad ergerla a vanto pubblico", secondo il gip Silvio Pavia che ne chiese il sequestro nel 2010.
A queste, proprio a seguito della trasmissione, si è aggiunta l'interrogazione parlamentare di qualche giorno fa, portata in aula da SEL a firma dei deputati Scotto e Migliore, in cui oltre a sottolineare come "la rappresentazione ivi proposta della napoletanità come eccesso, volgarità ed ignoranza diffusa ha provocato sui social network proteste e manifestazioni di sdegno, con gruppi e fanpage che chiedono di chiudere la trasmissione e propongono il boicottaggio del programma", ricordano che ""il "Grand Hotel La Sonrisa" era già stato, peraltro, teatro del matrimonio Marianna Giuliano, figlia di Luigi Giuliano, capo dell'omonimo clan, e Michele Mazzarella, figlio del boss di Santa Lucia; tale matrimonio, avvenuto otto anni fa, era servito a creare un'alleanza tra le due famiglie e dimostrare al quartiere napoletano di Forcella la forza ed il potere che insieme i due clan erano in grado di raggiungere; per stessa ammissione del genero di Antonio Polese, "La Sonrisa" è stata utilizzata anche per la cerimonia del matrimonio tra Gioacchino Fontanella e Maria Carfora, appartenenti entrambi alle cosche di Sant'Antonio Abbate; negli anni '80 Antonio Polese era stato condannato a due anni e mezzo di reclusione per favoreggiamento; secondo gli inquirenti il patron del "Grand Hotel La Sonrisa" avrebbe sfruttato l'antica camorra contadina, ovvero quella che faceva affari con la macellazione abusiva e con il mercato del latte e delle mozzarelle che imponevano ai commercianti; anni fa Polese fu sospettato anche di avere rapporti con il boss Cutolo e di nasconderne presso il "Grand Hotel La Sonrisa" una sorella, ma le perquisizioni eseguite dalle forze dell'ordine non diedero conferma a questa ipotesi". L'interrogazione, quindi, si conclude chiedendo ai Ministri se "siano informati dei fatti narrati; quali misure siano già state prese in merito e quali azioni si intenda intraprendere a riguardo; se si ritenga opportuno che ad una struttura posta sotto sequestro giudiziario per abusivismo edilizio venga concesso ospitare le registrazioni di un programma televisivo e di guadagnare ulteriormente economicamente grazie alla pubblicità derivante dal docureality "Il boss delle cerimonie" e dall'ospitare convegni e cerimonie negli stessi locali che potrebbero essere a breve confiscati; se la Rai preveda nei prossimi mesi di mandare in onda programmi girati presso il "Gran Hotel La Sonrisa"".